"In Birmania voto non libero"

La giunta militare birmana chiama 21 milioni di abitanti alle urne per aumentare la propria credibilità internazionale ma i seggi restano deserti e Barack Obama, affrontando la crisi a Myanmar nella cena a New Delhi con il presidente indiano Singh, parla di elezioni «non libere». Era dal 1990 che i birmani non erano chiamati a votare e le autorità militari puntavano a un’alta affluenza che le legittimasse. Ma le testimonianze locali, da grandi e piccoli centri, descrivono i seggi allestiti in caserme e uffici pubblici come «molto sorvegliati ma in gran parte deserti». Ad Haka, capitale dello Stato di Chin, come a Yangon, la principale città, la gente ha preferito affollare le pagode anziché i seggi, premiando l’appellò del premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi imprigionata durante 15 degli ultimi 21 anni - che aveva auspicato il boicottaggio in segno di protesta per la violazione dei diritti umani. Al suo fianco si è schierato il presidente Usa, che in un comunicato diffuso da Mumbai ha parlato di consultazione «non libera» imputando alle autorità birmane di «violare i minimi standard di legalità internazionale» avendo organizzato una consultazione che «conferma la preferenza per la repressione e le restrizioni di libertà sulla trasparenza». «Non posso tacere sulla violazione dei diritti umani» ha detto Obama incontrando gli studenti di Mumbai e chiedendo «la liberazione immediata di Aung San Suu Kyi». La dura condanna degli Usa si spiega, secondo il comunicato, con la perdurante detenzione di oltre 2.100 prigionieri politici, inclusa Aung San Suu Kyi, ai quali è stato negato di partecipare al processo elettorale nonché con l’esclusione dalla campagna della «Lega nazionale per la democrazia». E ancora: «Il regime ha negato la registrazione a partiti che appartengono ad alcuni gruppi etnici in numerose aree e ha messo in atto una falsificazione dell’intero processo elettorale al fine di impedire la presentazione di alcuni candidati dell’opposizione, trovatisi di fronte a ostacoli insormontabili». Da qui la conclusione di Obama: «Le elezioni non possono essere credibili quando il regime rigetta il dialogo con l’opposizione e reprime le più basilari libertà di espressione, parola e assemblea». A conferma della scelta della linea dura, la Casa Bianca avverte: «Sorveglieremo la situazione nei prossimi mesi ed eserciteremo una strategia di pressione internazionale tenendo presente la situazione sul territorio». La prima mossa in questa direzione è stata la cena di ieri sera a New Delhi, che ha visto Obama discutere di Birmania nei colloqui informali con Singh, in vista degli incontri ufficiali di oggi, quando il presidente americano parlerà anche davanti al Parlamento indiano. Fonti diplomatiche a New Delhi assicurano che Obama è intenzionato a porre la questione birmana anche al leader cinese Hu Jintao - il più importante alleato della giunta - durante l’incontro che avranno a Seul a margine del G20.
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