Bipolarismo incerto

Dalla Rassegna stampa

Negli alti e bassi della politica italiana, il bipolarismo sembra guadagnare punti. Alla fine del 2011, l’improvvisa consapevolezza di quanto fosse drammatica la situazione ha suscitato interrogativi radicali su un ventennio di bipolarismo. È seguito il governo «tecnico» di Monti, cui è andato un altissimo grado di fiducia mentre una diffusa sfiducia colpiva tutti i partiti politici. Quest’onda è arrivata fino alle elezioni del 2013 da cui sono scaturiti il pesante arretramento del Pdl, la «non vittoria» del Pd e l’affermazione del terzo polo «antipolitico», il Movimento 5 Stelle, oltre alla novità di Scelta Civica. Passati pochi mesi, però, il grilliamo appare già in crisi, mentre le elezioni amministrative hanno ridato fiato al Pd. Intanto, nel centrodestra, la condanna di Berlusconi rende sempre più urgente pensare a un futuro post-berlusconiano.

Questi elementi spiegano diversi movimenti in atto nella politica italiana. A Casini viene attribuito un rapido movimento verso i cosiddetti moderati, mentre esponenti di Italia Futura dichiarano di puntare su Renzi. E in senso bipolare sembrano spingere indirettamente anche quanti, nel mondo cattolico, interpretano in modo riduttivo la novità di Papa Francesco. C’è infatti chi contrappone la «semplicità» di Francesco alla «profondità» di Benedetto, chi annacqua i segni di cambiamento in una continuità di fondo e chi, infine, pur riconoscendo le novità cerca di incapsularle nelle dinamiche del passato. In questo modo, persino i forti richiami del Papa all’attenzione verso chi più soffre a causa della povertà vengono usati per rilanciare l’immagine di una Chiesa che gioca in proprio, affermando i suoi valori erga omnes senza entrare nelle dinamiche della politica.

Insomma, anche senza i cosiddetti valori non negoziabili, appare possibile rilanciare un cliché di rapporti tra Chiesa e politica funzionale al bipolarismo della seconda Repubblica e che Berlusconi ha saputo utilizzare ampiamente a suo vantaggio. Il pendolo, dunque, sembra nuovamente oscillare verso il bipolarismo. Ma la crisi del Movimento 5 Stelle o le discussioni dentro Scelta Civica non bastano per affermare che si può tornare senza problemi al bipolarismo. Da circa un ventennio, la politica italiana non riesce a liberarsi dall’errore di anteporre la definizione del modello politico-istituzionale alla concreta realtà delle forze politiche in campo. È accaduto nel 1994, succede nuovamente oggi. Il circuito politico-mediatico è concorde nell’affermare che tra un anno sarà Renzi a vincere le elezioni. Ma sarebbe sbagliato non interrogarsi sul contesto in cui si collocherà questa possibile vittoria. Non si tratta solo di una previsione troppo anticipata che espone l’Italia a molte fibrillazioni e lo stesso Renzi a molti rischi. La fisionomia renziana di candidato spostato verso il centro non piacerà presumibilmente ad una vasta area di sinistra composta da Sel e dalla galassia grillina e porrà problemi ad una parte del Pd. Sul centrodestra, intanto, il tramonto della leadership berlusconiana e/o una sconfitta ad opera di Renzi potrebbero sciogliere i legami che hanno tenuto insieme per lungo tempo realtà tanto diverse, da An alla Lega, dai cattolici di Cl ai radicali di Marco Pannella, ecc. È difficile, insomma, che il panorama politico italiano assuma spontaneamente una fisionomia bipolare. Ed è auspicabile che non rimangano in vigore forzature del sistema elettorale palesemente incostituzionali come il Porcellum o che tornino a presentarsi fenomeni come il berlusconismo in grado di manipolare in senso bipolare il sistema politico.

Il ritorno al bipolarismo si scontra, inoltre, con una difficoltà ancora più importante: la crisi di fondo della democrazia rappresentativa. Tale crisi, infatti, produce due spinte opposte: quella che enfatizza il primato della partecipazione e quella che insiste sulla governabilità. Il flop del Movimento 5 Stelle è, in questo senso, emblematico: efficacissima «macchina da guerra» per raccogliere consensi, i grillini si sono rivelati impotenti in sede di decisione politica e parlamentare. Per certi versi, Scelta Civica soffre invece di un problema opposto: impegnatissima sul piano dei progetti di riforma e della responsabilità di governo, ha mostrato limiti soprattutto nella raccolta del consenso. Ma il problema c’era anche prima che emergessero queste due formazioni: per vent’anni chi (il centrodestra) ha avuto più consensi è stato poco capace di governare e chi (il centrosinistra) ha puntato soprattutto sul governo ha fatto più fatica a raccogliere consensi. E non si capisce come il ritorno tout court al bipolarismo della Seconda Repubblica possa risolvere automaticamente questi problemi.

 

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