Biotestamento, è scontro in Aula il Pd: legge assurda, fermiamola

Dalla Rassegna stampa

Fuori il sit-in dei Radicali che scandiscono gli slogan «No allo Stato bioetico»; «Aguzzini con i sondini». In aula, a Montecitorio, l'avvio del dibattito sul testamento biologico che, nella sua ultima versione, divide lo stesso centrodestra ma che il governo vuole portare a casa a tutti i costi per acquisire meriti con il Vaticano. Davanti ai dubbi del suo stesso fronte - da Sandro Bondi a Giuliano Ferrara a Peppino Calderisi alla lobby dei medici del Pdl, scettici sulla praticabilità di una legge piena di contraddizioni - Maurizio Sacconi, il ministro del Lavoro incita, da Bruxelles dove si trova a un consiglio Ue: «Il Parlamento italiano ha il diritto/dovere di esprimersi sul testo e il rinvio alla commissione ha lo scopo di affossare il provvedimento».
Che è proprio quello che il Pd, l'Idv e anche i "liberal" della maggioranza chiedono: tornare almeno in commissione; ricominciare daccapo; evitare di portare avanti un pasticcio in cui nutrizione e idratazione non devono essere sospese mai; si parla di soggetti "interdetti, incapaci o inabilitati" senza meglio chiarire; si rende la Dai, la dichiarazione sul fine vita, un atto incerto e che non serve a nulla. Umberto Veronesi, l'oncologo ed ex ministro della Salute, spiega che «meglio nessuna legge piuttosto che una sbagliata e cattiva, la quale cannibalizza il principio di libertà». Lo dice, Veronesi, al Tg3. Perché c'è anche un problema di informazione. L'offensiva dei radicali comincia proprio da qui, dalla richiesta di spazi in Rai a tutte le voci sul biotestamento. «Scegliere come morire - attacca Emma Bonino - è parte essenziale della vita e della libera scelta di ciascuno, non certo di Sacconi, di Roccella o mio, bensì del cittadino». «Una legge empia», la bolla il leader storico dei Radicali, Marco Pannella. E Carlo Troilo dell'Associazione Luca Coscioni ha iniziato uno sciopero della fame.
 
Sono però anche i medici cattolici a lanciare un appello per evitare «la contrapposizione ideologica», a ribadire la necessità di una «alleanza terapeutica», ad abbandonare «qualsiasi idea latente o manifesta di eutanasia». Alla Camera ieri, primo atto dell'iter parlamentare (la legge è già stata approvata al Senato ma dovrà ritornarci perché il testo è cambiato); previsti 24 interventi; domani supplemento di dibattito ma il voto è fissato per aprile. Divisioni e polemiche nell'opposizione non solo di merito, anche sulla tattica da adottare. Il Pd presenta una sospensiva; i dipietristi depositano invece la pregiudiziale di costituzionalità, come i sei Radicali (che fanno parte del gruppo democratico). Maria Antonietta Farina Coscioni, radicale, invita il Pd a sottoscrivere le pregiudiziali. Condividono Ignazio Marino e i democratici della sua corrente come Sandro Gozi.
Ma Livia Turco, ex ministro democratico del Welfare, indica la strada del ritorno in commissione: «Il nostro obiettivo è affondare questa legge malfatta e assurda. Il modo per farlo è sospenderla, facendo emergere i dissensi nel centrodestra, diversamente con le pregiudiziali di incostituzionalità li compattiamo». E in aula accusa la maggioranza: «Avete portato il testo della lacerazione fra paese e Parlamento e tra le forze politiche. Fermatevi, costruiamo un testo per il rispetto delle persone e il bene del nostro paese». L'Udc al contrario condivide l'impianto della legge.
Nelle file democratiche si passa dalle posizioni più laiciste a quelle cattoliche a oltranza. Beppe Fioroni ad esempio, medico e leader degli ex Ppi, avverte: «C'è il rischio di introdurre una forma di eutanasia passiva, è una preoccupazione grave, il testo va corretto, torni in commissione». Rosy Bindi invita a un punto di equilibrio: «Non mi devono imporre a maggioranza un'idea sul fine vita ma mettermi nelle condizioni di scegliere. Questo deve fare la politica». Nel Pdl, si smarca il "liberal" Calderisi: «Questo testo presenta forti dubbi di costituzionalità. Se l'obiettivo è quello di evitare, dopo il caso Englaro, nuovi esiti di tipo giudiziario, rischia di ottenere l'effetto opposto: moltiplicare per mille quel pericolo». Ovvero aprire una serie di contenziosi, di conflitti e ricorsi. Due anni fa, il 9 febbraio del 2009 moriva Eluana Englaro, la giovane donna per diciassette anni in stato vegetativo alla quale fu interrotta la nutrizione artificiale dopo la battaglia civile del padre Beppino e il pronunciamento dei magistrati. Per il relatore di maggioranza della legge, Di Virgilio sono circa tremila i casi come quello di Eluana in Italia.

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