Bianco scrive alla casta: non tagliamoci le pensioni

Cosa non si è disposti a fare per qualche centinaio di euro. «L'Associazione nazionale dei parlamentari cessati dal mandato», rappresentata dal presidente Gerardo Bianco, «è pronta ad offrire al Ministro Tremonti una disinteressata collaborazione di un nutrito pool di Ministri e di sottosegretari dei passati governi». Sarà forse "disinteressata" nel senso che non presenteranno una fattura o non chiederanno un onorario. Ed è molto più di una certezza: gli ex onorevoli e senatori si attiveranno per non subire tagli alla propria pensione, ma «la questione del vitalizio è un tema delicato, perché non è soltanto economico. Va, dunque, approfondito con cautela e accorta valutazione degli effetti antidemocratici che può provocare in termini di uguaglianza delle opportunità». In pratica, se per colpa della prossima legge finanziaria intascheranno qualcosina di meno, minacciano di gridare al golpe.
Scrive proprio così (con tutta l'abbondanza di corsivi del caso) l'ex ministro democristiano avellinese della Pubblica istruzione, in una lettera di tre pagine indirizzata ai colleghi parlamentari in carica: «È nostra convinzione che il costo della politica vada seriamente risolto, ma con razionalità, senza intaccare principi essenziali di democrazia». Sostiene addirittura che quell'assegno, regolarmente accreditato in banca a qualche centinaio di appartenenti alla casta dei politici, «non è una pensione, ma un'assicurazione di vita rivolta a garantire anche nel futuro la indipendenza del parlamentare cessato dal mandato». Come tale, è anche da considerare una «conseguenza diretta del dettato costituzionale».
Perché poi debbano essere indipendenti nel futuro, non lo spiega. Semmai, si sofferma in un esercizio di ragioneria: non prendiamo la cifra di seimila euro e oltre «come è stato affermato, in modo azzardato, da giornali di larga diffusione». A lui la media risulta un'altra, «all'incirca della metà». Dimentica soltanto di dire quanti siano coloro che guadagnano quella somma dopo aver trascorso appena qualche giorno a Montecitorio o a Palazzo Madama, quando il Partito Radicale aveva escogitato la cosiddetta "staffetta" che, grazie alle dimissioni a catena, consentiva di far entrare in Parlamento un'intera lista di candidati non eletti. Per sincerarsene, basta un'occhiata all'organigramma del club degli ex parlamentari. Non ce ne sono molti di cui rimanga traccia nella storia della Repubblica.
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