Bersani stoppa le primarie subito con Emma nel Lazio

Dalla Rassegna stampa

L’alleanza con l’Udc di Casini in Puglia è appesa ad un pugno di voti, per la precisione a quelli che il sindaco di Bari, Michele Emiliano, controlla nell’assemblea regionale del Pd convocata sabato prossimo. E se Francesco Boccia entro sabato non riuscirà a trovare le firme del 75% dei 126 delegati dell’assemblea (in calce a un documento di sostegno alla sua candidatura in coalizione con l’Udc), il colpo di scena è che il Pd potrebbe di nuovo puntare sul nome di Nichi Vendola per battere la destra. Senza il sostegno della maggioranza del partito, Boccia ritirerebbe la sua candidatura, perché non avrebbe più l’appoggio di Casini, le primarie sarebbero impraticabili per mancanza di candidati e i Democrats dovrebbero acconciarsi a un «contrordine compagni», del tipo «il nostro candidato resta il governatore in carica Nichi Vendola». Per quanto possa sembrare paradossale, lo scenario che si va profilando in queste ore nella regione che dovrebbe fungere da «laboratorio» per una nuova alleanza strategica con l’Udc, è proprio questo. E si può ben immaginare con quale ansia i vertici del Pd attendano le decisioni di Emiliano, che con i 35 voti di cui dispone in assemblea, è «l’ago della bilancia di questa partita». Ed è proprio a lui, che ieri ha riunito la sua corrente ed è tornato a chiedere le primarie rifiutando gli aut aut, che sembra rivolgersi Casini con una staffilata dal salotto di Porta a Porta: «Siamo indisponibili a sostenere Vendola e indisponibili a perdere altro tempo: se l’impostazione di Boccia va avanti, bene, altrimenti ci metto un attimo a fare un altro numero con il mio cellulare». Preceduto da un segnale analogo lanciato dal suo plenipotenziario in Puglia Angelo Sanza: «Apprezziamo Boccia che, davanti a tanti che fanno finta di non capire, ha spiegato di credere al rapporto con l’Udc e di essere disponibile alla candidatura solo in quest’ottica politica».
Stando così le cose in Puglia e non potendo permettersi di tergiversare nel Lazio perché il tempo stringe, Bersani ieri ha voluto mettere in chiaro che le primarie «sono solo un’opportunità e non un vincolo». Malgrado il pressing della sua minoranza e della Bindi, il segretario sa bene che in Puglia, per dirla con uno dei massimi dirigenti del Pd «le primarie non si possono fare», anche perché si trasformerebbero in un pericoloso test popolare sulla linea politica che ha vinto il congresso.
E Bersani sa bene anche che i Radicali non sono disponibili a partecipare alle primarie nel Lazio e se il Pd forzasse su questo punto l’alleanza sarebbe a rischio. Perciò il leader ha voluto dire a tutti come la pensa, spiegando che «la Bonino è una fuoriclasse, fuori dagli stereotipi e non va imbrigliata» e che comunque sia, dove la destra «è già in campo, bisogna privilegiare l’immediatezza e l’efficacia della scelta».
Oggi Marco Pannella ed Emma Bonino si incontreranno con il leader Pd, che prima dovrà vedersela anche con Antonio Di Pietro, ben intenzionato a «non firmare cambiali in bianco» sulle candidature: «Vogliamo cominciare a discutere con i candidati presidenti, ma prima vogliamo sapere chi sono e questo vale per la Puglia, per il Veneto e per il Lazio». «Con lui me la vedo io», ha tagliato corto Pannella, mentre la Bonino ha ribadito di non avere timori riguardo i cattolici del Pd: «Coi credenti, dall’Africa alle carceri, dagli immigrati al volontariato, francamente non ho mai avuto questo tipo di problemi. Per i clericali, non so che farci e il fuoco amico è un dato trasversale». Ma la Bonino ora rischia di restare scoperta con la sinistra radicale, scesa in campo ieri contro la sua candidatura. «Mi sembra un regalo del Pd a Fini: su certi temi sociali non so chi sia più a destra tra Bonino e Polverini», attacca il segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero, che minaccia di presentare suoi candidati in alcune regioni strategiche come Lazio, Campania, Puglia e Calabria.

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