Bersani: si chiariscano le idee, no a riforme alla sudamericana

Dalla Rassegna stampa

Piuttosto scettici sulla possibilità di una collaborazione con la maggioranza sul piano delle riforme, le varie anime dei Democratici propongono approcci diversi all’iniziativa che Pdl e Lega metteranno in campo dopo i vertici di questi giorni tra Berlusconi. Bossi e Fini. I veltroniani aprono - o, perlomeno, rifiutano chiusure pregiudiziali - all’ipotesi semipresidenzialista lanciata dal ministro Maroni, Gli uomini più vicini al segretario Bersani appaiono invece più diffidenti e, in attesa di «vedere le carte» per capire se la maggioranza fa sul serio, si attestano sulle linee della bozza Violante. Apertura, anche se prudente, al
dialogo da parte dell’Udc, il cui segretario, Lorenzo Cesa, spera che «questa sia davvero la volta buona dopo che sono quindici anni che nel nostro Paese si parla di riforme senza alcun risultato concreto. Se si aprirà un confronto serio nell’interesse generale dei cittadini. noi faremo la nostra patte».
Intervenendo ieri sera a "Otto e mezzo". Bersani ha mostrato una sostanziale disapprovazione sull’impostazione che il centrodestra sta dando al confronto sulle riforme: «Dalla maggioranza ne ho sentito di tutte le razze. Spero che Berlusconi e Bossi si chiariscano le idee e vengano in Parlamento a fare le loro proposte». Ma la diffidenza del leader del Pd su queste proposte emerge subito: «Se pensano di mascherare sotto le apparenze di un presidenzialismo all’americana o alla francese un sistema che, con una curvatura populista, ci porti al Sudamerica di qualche decennio fa, noi diciamo subito no». «Se poi, come pare, - ha aggiunto Bersani almeno su due punti si è tutti d’accordo, Senato federale e riduzione del numero dei parlamentari, vengano in Parlamento e li facciamo, ma di chiacchiere ne abbiamo fin sopra i capelli». II segretario democrat ha elencato anche gli altri punti chiave del suo programma di riforme, e cioè il rafforzamento dei poteri del premier e del Parlamento, una legge sui partiti, una nuova regolamentazione dei costi della politica e, soprattutto, una nuova legge elettorale
che, sola, potrebbe aprire il confronto sul semipresidenzialismo. Per realizzare il quale - osserva Bersani - «bisogna scaravoltare un sacco di cose, creando un sistema di pesi e contrappesi tra governo e Parlamento e, ìn ogni caso, risolvere in modo chiaro il conflitto di interessi». Condizione, questa, che viene posta con ancora maggior forza da Di Pietro e dagli esponenti dell’Idv, per i quali «finché c’è Berlusconi il presidenzialismo non è nemmeno ipotizzabile. Qualsiasi riforma che rafforzi il potere dell’esecutivo è incompatibile con un premier che già concentra nelle sue nani un enorme potere politico, economico e mediatico».

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