Bersani e Renzi, obiettivi opposti

Pier Luigi-Bersani torna ricorrentemente a parlare del «nuovo Ulivo». Intanto, Matteo Renzi, sindaco di Firenze e modello dei rottamatori, rimpasta la propria giunta cacciandone l'unica assessora del Psi per sostituirla con una democratica, ex comunista passata attraverso Pds e Ds. Non solo: continua a tenerne fuori i dipietristi.
Per le prossime elezioni politiche il segretario del Pd punta su un'alleanza con forze schierate a sinistra, dall'Idv a Sel, probabilmente con un occhio pure a minori formazioni, dai radicali ai socia-listi. A spulciare un sondaggio divulgato ieri (Demopolis, ma anche altre ricerche forniscono risultati non molto lontani) il centro-destra (Pdl e Lega, più la Destra di Francesco Storace e altri minori) starebbero sotto il 40%, laddove Pd, Idv e Sel sarebbero intorno al 42%, con una riserva di oltre il 3% di altri raggruppamenti.
Dunque, la strada per vincere passerebbe attraverso la ricostituzione dell'antica alleanza che segnò il successo di Romano Prodi. Del resto, è il percorso scelto in larga misura nelle elezioni regionali e amministrative. Quanto alle difficoltà che potrebbero sorgere, ripetendo il fallimento del 2006 (vittoria alle urne, sconfitta politica nel governare), o sono rinviate di fronte all'esigenza primaria di ottenere comunque una maggioranza o vengono limitate con l'esclusione dalla futura alleanza dell'estrema dichiaratamente comunista. Ben altro il comportamento del sindaco di Firenze. Il segretario del Psi, Riccardo Nencini (fra l'altro assessore alla regione Toscasna), se l'è presa non poco, come si capisce dalle sdegnate espressioni: «L'unica città in Italia dove un novello Duca di Atene ha nominato una giunta monocolore. Non un monocolore di partito ma un monocolore di un pezzetto di un partito, tanto somigliante ai governi balneari Fanfani». Verissimo, posto che il sindaco ha escluso dalla giunta pure un pezzo di Pd a lui ostile. Quel che preme rilevare, però, è l'atteggiamento politico non del primo cittadino, bensì dell'esponente democratico, del quale si fa il nome sovente come potenziale candidato alla segreteria del partito.
Renzi indica una scelta che va ben oltre quanto volle Walter Veltroni nel 2008: il Pd che corre in beata solitudine, unica beatitudine, perfino senza l'Idv, oltre che senza una piccola formazione come il Psi. Difficile sceverare quel che di contingente e di limitato a Palazzo Vecchio vi sia in simili decisioni, e quel che, invece, sia leggibile in prospettiva nazionale. Un fatto è sicuro: le posizioni di Renzi continuano a confliggere con le tesi di Bersani.
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