Bersani: "I processi del premier impediscono il dialogo sulla giustizia"

Dalla Rassegna stampa

Niente confronto sulla giustizia col Pdl, se sul tavolo resta una «interferenza ineliminabile», ovvero processi e inchieste sul presidente del Consiglio. Pier Luigi Bersani va da Fabio Fazio in tv e chiude la porta a Niccolò Ghedini, «la vedo difficile se prima Berlusconi non sgombra il campo dai suoi problemi». Linea dura col Cavaliere, mano tesa a Udc e Di Pietro per costruire insieme «un´alternativa», inserendo nel campo delle possibili alleanze anche Sinistra e Libertà, il movimento di Vendola, ma non Rifondazione («niente programmi di governo insieme, ma sì al confronto sulla riforma elettorale»). L´addio di Rutelli? Il segretario ripete che è dispiaciuto ma non teme fuoriuscite a cascata, «sono troppo sicuro del progetto per essere preoccupato». Ai cattolici del suo partito, Bersani riconosce sui temi etici libertà ma «in alcuni, precisi casi, dentro un quadro di regole chiare: per dire, votare contro la fiducia al governo Prodi non mi pare faccia parte della libertà di coscienza». E boccia il testo sul biotestamento: «Non sono d´accordo a morire come dicono Gasparri e Quagliarello». Nel partito, con Franceschini e Marini «lavoreremo insieme». Il nuovo presidente del Pd? Bersani non si sbilancia, «vedremo», ma in corsa c´è Rosi Bindi.
L´appuntamento è per sabato prossimo, con la prima convocazione dell´assemblea dei mille delegati eletti ai gazebo. Grande attesa, nelle file dell´opposizione, per il discorso del segretario, che si aspettano «rassicurante» e «inclusivo» verso l´area popolare, rispetto agli ultimi strattoni, dall´addio di Rutelli alla corsa di D´Alema a ministro degli Esteri della Ue sponsorizzata dal Pse piuttosto che dal gruppo parlamentare democratico-socialista. Da eleggere la nuova direzione del partito ma soprattutto Bersani proporrà lì ufficialmente il nome del nuovo presidente del partito. Mai veramente in pista il ritorno di Prodi, in pole position c´è la Bindi. «Non dipende da me ma se dovesse capitare - ammette la pasionaria davanti alle telelecamere di Lucia Annunziata - non mi tirerei indietro». Molto dura con Rutelli, «è andato via per ragioni personalistiche ma non si illuda: non gli lasceremo la rappresentanza dei cattolici».
Ma sulla strada fra Rosi e la presidenza del partito c´è di mezzo il pacchetto dell´intesa con la minoranza. Che può concedere disco verde alla Bindi ad una condizione: lasciare il ruolo di vicepresidente della Camera. «Sarebbe ben strano - le contestano infatti dall´opposizione interna - assumere un doppio incarico proprio per chi, nelle primarie, ne aveva fatto un cavallo di battaglia: attaccò i nostri parlamentari in corsa per la segretaria regionale». La poltrona lasciata vuota alla Camera entrerebbe nelle trattative in corso con l´area Franceschini. In cima alla lista, i capigruppo. A Montecitorio, se l´ex segretario conferma l´idea di restare al partito, in ballo Fassino, Gentiloni, Fioroni. Al Senato in quel caso resta Anna Finocchiaro. Oppure a Palazzo Madama uno della minoranza, Zanda o Morando, e alla Camera magari Enrico Letta (nome peraltro che balla in tante caselle, dalla presidenza del partito alla vicepresidenza della Camera, pure se per alcuni l´ex sottosegretario di Prodi vuol restare a occuparsi di politica economica). Il primo nodo vero da sciogliere sarà il terremoto Lazio. Sul dopo-Marrazzo ci sarebbe ormai un accordo: lo sfidante della Polverini alle regionali salterà fuori dalle primarie. Si scaldano Gasbarra, Bonino, la Melandri.

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