Bersani avverte Casini. Un po'

Alla fine di una giornata di botta e risposta a distanza, Pierluigi Bersani perde la pazienza. E al Tg3 della sera gesticola un po' quando dice: «Non so che cosa pensi Casini, ma senza il progetto del Pd, senza i nostri uomini e donne, senza i nostri numeri, l'alternativa a Berlusconi non si fa. Ognuno si assuma le sue responsabilità». Per una volta il segretario prova a smettere di inseguire i centristi e a rovesciare le parti: l'Udc chiude le porte ad un'alleanza, come dice Pier Ferdinando Casini dal Corriere della sera? E lo fa anche in maniera un po' maleducata, con un appello bipartisan ai centristi di ogni schieramento, invocando per nome l'amico Marco Follini, a cui Bersani ha appena affidato il compito di cucire i rapporti col centro, e addirittura Enrico Letta, che in teoria è il numero due del partito?
Il leader Pd replica: «Sarà più facile prendere Messi», il centravanti del Barcellona. Che è fuori mercato, almeno per ora. Il corteggiamento non è gioco che regge a lungo, e fra Pd e Udc tira aria di ultime schermaglie. Se non siamo alla scopertura delle carte, poco ci manca. All'indomani della monumentale manifestazione della Fiom, Bersani ha impiegato il meglio di sé in un equilibrismo. In base al quale, per bilanciare i suoi che sono stati al corteo di sabato a Roma, ha rivendicato l'indipendenza del Pd, difeso le «buone ragioni anche della Fim e Uilm», invitato i sindacati all'unità, deprecato gli striscioni contro Bonanni, pregato (in buona sostanza) la Cgil di evitare lo sciopero generale, proposto un nuovo «patto sociale» e lo «spostamento dell'attenzione sulla contrattazione locale». Tutte cose indigeribili al popolo che si è riconosciuto sotto le ruote dentate dei metalmeccanici. E infatti uno dei pochi apprezzamenti che Bersani si guadagna è quello di Emma Borino. Tutto inutile, però, se il destinatario di tante attenzioni era il leader dell'Udc. Che invece dalle colonne del Corsera gli dà del cerchiobottista e esprime un giudizio che suona definitivo: «Se queste sono le posizioni, l'Udc non si allea con il Pd».
Infatti nell'intervista Casini prosegue con l'appello Beppe Pisanu e Raffaele Fitto che, secondo boatos sempre più frequenti, sono in grande sofferenza nel Pdl e starebbero organizzando una pattuglia pronta a sostenere un eventuale governo tecnico. Casini poi però invita con sé anche i democratici Follini e Letta. I quali non replicano niente, sventuratamente alimentando qualche dubbio. Che i due democrats condividano la linea dell'Udc, almeno sulle alleanze, del resto è noto. Con loro c'è anche l'ex dc Fioroni (maliziosamente non nominato da Casini), che oggi andrà a portare la sua solidarietà a Bonanni perle minacce ma soprattutto peri cartelli alla manifestazione Fiom. Di persona, tanto per alimentare qualche altro dubbio sulle trame centriste. L'effetto arriva, ma non è quello che i centristi del Pd si augurano, e cioè uno sbilanciamento al centro e un addio se non alla sinistra, almeno all'Idv. E invece Bersani imbocca un'altra strada: già a Varese il segretario aveva chiarito che il Pd non sarebbe stato «l'utile idiota di nessuno», non avrebbe portato acqua al mulino (e ai disegni politici) di altri.
E il giorno dopo l'assemblea nazionale, aveva accettato l'invito a pranzo di Vendola, finito in sostanza con la stipula di un patto di non belligeranza a sinistra. Quindi stavolta è Bersani ad avvertire l'Udc: senza di noi non ci sono i numeri per un'alternativa, quindi chi ci chiude la porta in faccia si assume la responsabilità di riconsegnare il paese a Berlusconi. Accusa insidiosa, che potrebbe alimentare una campagna mediatica. Casini capisce l'antifona, e mezzo smentisce il sé stesso del Corriere. «lo non ho né chiuso né aperto al Pd; ho fatto solo un discorso di serietà: chiedo che il Pd si assuma la responsabilità di decidere.
Tanti moderati hanno una profonda delusione verso le promesse non mantenute di Berlusconi e verso il Pdl e non credo che la risposta sia quella data in piazza dalla Fiom». Giorno dopo giorno, però, il disegno del puzzle dell'Udc si comincia a intravedere: l'alleanza con il Pd non si vede, quello che emerge è un blocco al centro che vuole attrarre i pidiellini in fuga dal cavaliere. E anche quei democratici centristi sempre più insofferenti verso l'alleanza con Di Pietro, persino più che la sinistra «responsabile» di Vendola. L'ex pm e ormai impegnato in una rincorsa con Grillo che lo rende sempre più indigesto ai settori moderati del Pd. «Poiché Pdl e Pd stanno franando, non ci dobbiamo porre il problema con chi allearci», dice ancora Casini. Ma le parole di Di Pietro sono sferzanti: «Idv è con gli operai, non con la Fiat, crediamo nel Vangelo secondo cui bisogna stare dalla parte dei più deboli», alla manifestazione «non c'erano delinquenti ma lavoratori, madri e padri di famiglia». E fare una coalizione che isoli quella piazza «come chiede Casini significa chiudersi in un bunker, tenere fuori il paese reale».
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