Berlusconi: «Vado avanti non sono preoccupato»

Dalla Rassegna stampa

Ben due conferenze stampa e neppure un "affondo": per tutta la giornata, ieri, Silvio Berlusconi ha accuratamente evitato di scendere nuovamente in rotta di collisione con la Procura di Milano. A metà giornata, a Palazzo Chigi, ha risposto solo alle domande "pertinenti" al tema: lo stato dell'economia. «Per amor di Patria non parlo di altri argomenti, ma vi dico una cosa soltanto: non sono per niente preoccupato» è la battuta regalata ai giornalisti. Nel pomeriggio, poi, alla conferenza stampa congiunta con il premier russo Dmitri Medvedev, non ha neppure sfiorato l'argomento: i giornalisti, infatti, erano stati confinati in una sala adiacente. Due soli i momenti in cui Berlusconi ha tradito il nervosismo che lo attanaglia in queste ore. Il primo, molto "soft" quando ha definito «birichino» un cronista che aveva cercato di introdurre egualmente la questione giustizia nella conferenza stampa di Tremonti. Il secondo, un po' più colorito; al giornalista che gli chiedeva se le tensioni legate al processo Ruby potessero danneggiare la nomina di Mario Draghi ai vertici della Bce, il premier ha risposto, in latino: «Lei non è "compus sui"». Ovvero: «Non ha il controllo di sé». Ma, a fine giornata, Berlusconi ha egualmente delineato la sua strategia. Innanzitutto ha riallacciato il rapporto con Tremonti indicato come possibile King Killer. Poi ha puntato tutto sulla tenuta in Parlamento.

«Presto, alla Camera, la maggioranza arriverà a 325 deputati» ha sostenuto. E a chi gli obiettava che la Lega, con Calderoli, gli aveva indicato il tetto di 330 parlamentari per poter proseguire la legislatura, il premier, sicuro: «Ho parlato proprio la sera di martedì con Bossi e Calderoli e loro mi hanno testimoniato vicinanza e la volontà di continuare con questo governo fino al 2013, al termine naturale della legislatura».

Umberto Bossi è apparso subito un po' più scettico: «Il governo va avanti se ha i numeri. Se non li ha, cade» ha risposto ai cronisti che gli chiedevano di spiegare l'ottimismo di Berlusconi e i dubbi di Calderoli. In realtà, infatti, la "trattativa" per allargare la maggioranza non decolla: ieri sera, nel quartier generale del Pdl, si sono tracciate le somme di due settimane di contatti. Nella visione più ottimistica, solo quattro nuove adesioni sono attese nella maggioranza. Silenzio assoluto sui nomi, ma le indiscrezioni portano a guardare in casa dei Liberaldemocratici, del gruppo Misto e, soprattutto, dopo il plateale conciliabolo in Transatlantico tra il finiano Urso con Matteoli (Pdl), e Moffa ("Responsabili"), anche tra le fila di Fli. Il rientro del senatore Mennarini non conta: a Palazzo Madama i numeri sono già sicuri per il premier. Di sicuro, invece, non ci sarà alcun apporto da parte dei radicali: proprio Moffa se n'era detto quasi certo, quando è arrivato Marco Pannella a smentire con nettezza, dopo giorni di ambiguità: «Noi non entriamo». I numeri, quindi, non mettono al riparo la maggioranza; tranquillizzano, però, il premier che intende premere perché la Camera voti il "conflitto di attribuzione" con la Procura di Milano.
 
Ieri, al termine di un vertice nello studio di Niccolò Ghedini, i legali del premier hanno lavorato alla "Linea Maginot" da tenere nei confronti del processo: non sarà possibile nessuna scappatoia parlamentare (se non, forse, approvare in fretta e furia il ddl per portare la maggiore età a 16 o 17 anni, che potrebbe evitare l'accusa di prostituzione minorile, ma non metterebbe al riparo da quella, più grave, di concussione). Anche sollevare il conflitto sarebbe una sorta di vittoria mediatica, perché non avrebbe quasi peso nel dibattimento, e non c'è alcuna certezza che la Corte Costituzionale ratifichi questa indicazione del Parlamento. Meglio, a quel punto, giocare d'attacco contro il processo: secondo alcune indiscrezioni, infatti, gli avvocati di Berlusconi si appresterebbero, nel corso della prima udienza, a ricusare uno dei tre giudici del collegio. Forse proprio il presidente, la Turri, che in passato ha rinviato a giudizio Massimo Berruti (stralcio del processo Mediaset) poi assolto dal tribunale.

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