Berlusconi va avanti: "E' una situazione assurda"

Dalla Rassegna stampa

Ha rassicurato i suoi, promesso una forte iniziativa politica, consultato i pareri dei giuristi. Poi è salito al Colle, ha incontrato il presidente della Repubblica, vagliato e discusso alcune opzioni di intervento normativo sulle quali però la prima carica dello Stato è rimasta, in apparenza, perplessa.
La giornata di Berlusconi è iniziata nell'attesa di un risultato, nell'auspicio generale di un provvedimento, nella promessa di una convocazione straordinaria del Consiglio dei ministri, in un primo tempo fissato per le dieci di sera, dopo il colloquio con Napolitano.
Si è conclusa invece con una riunione informale, con un gruppo di ministri, a tarda sera, a Palazzo Chigi, per riferire del colloquio con l'inquilino del Quirinale e per dire a tutti che la strada di un intervento legislativo con il carattere dell'urgenza è al momento in salita. Ma non è escluso che oggi il governo andrà comunque avanti con un decreto, nonostante le perplessità del Colle e l'opposizione del centrosinistra.
Sembra che Berlusconi abbia presentato al capo dello Stato, almeno con decisione, una sola opzione, quella di un decreto legge per riaprire i termini di presentazione delle liste, tenendo ferma la data della consultazione e accorciando di fatto la campagna elettorale.
Dal Quirinale non filtrano dettagli, particolari, ma l'atmosfera di uno scetticismo del presidente della Repubblica questa sì. E forse anche questa la ragione per cui al termine del colloquio fra le due cariche il Consiglio. dei ministri non è stato confermato.
Della bontà della sua opzione Berlusconi è confortato da un precedente autorevole: 1995, quando Oscar Luigi Scalfaro, allora capo dello Stato, firmò un decreto legge, approvato dal governo presieduto da Lamberto Dini, che spostò la scadenza dei termini per la presentazione delle liste dalle ore 12 del 29 marzo alle 20 del 31 marzo. In pratica, poco più di 48 ore dopo. Ma a quanto pare, nel colloquio con Napolitano, il precedente non è bastato. Del resto che la partita fosse in salita si è capito sin dalla mattina. A differenza di quanto auspicato da molti la giornata del premier è stata tutta all'insegna del riserbo e della prudenza. Niente manifestazione di piazza con Renata Polverini come alcuni avevano annunciato due giorni fa, niente incontri con i parlamentari del Lazio, insieme a Gianfranco Fini, in un hotel del centro di Roma (incontro
anche questo annunciato e poi annullato), niente dichiarazioni in pubblico o chiacchierata
con i cronisti sul marciapiedi di Palazzo Grazioli.
Con il passare delle ore, del resto, il quadro generale è cambiato più volte: le notizie dalla Lombardia, con l'annuncio di una seduta straordinaria del Tar, autorizzano a pensare, dentro il Pdl, che l'esclusione della lista di Formigoni possa rientrare. La riammissione del listino della Polverini nel Lazio, nel pomeriggio, aggiunge un altro dato di rilievo e da comunque la chance di correre (ancorché senza la lista principale del Pdl) all'ex sindacalista dell'Ugl.
Insomma è scemata la pressione per un intervento o una soluzione a tamburo battente. Le perplessità del Colle e la contrarietà del Pd a un decreto avrebbero giocato a favore della prudenza, rafforzando l'esigenza di soppesare in modo approfondito ogni scelta. Prudenza che il Cavaliere ha caldeggiato a porte chiuse anche con i suoi: nella riunione con i vertici della Lega all'ora di pranzo, poi di fronte all`ufficio di presidenza del suo partito, ha più volte invitato tutti a controllare le parole, a non alzare i toni, perché «per risolvere il problema occorre la collaborazione di tutte le istituzioni».
L'ufficio di presidenza, il principale organo del Pdl, gli ha dato di conseguenza un mandato pieno per coinvolgere tutte le istituzioni nella soluzione del caso. Con i suoi il Cavaliere ha ripetuto che nonostante gli errori commessi il pasticcio delle liste è anche il frutto di formalismi inammissibili: «A Roma è dimostrato che i due rappresentanti di lista c'erano e a Milano è una cosa di bolli e timbri. Sono cose assurde».
Cose assurde per le quali non c'è comunque ancora una soluzione. Poco importa la convinzione
che «vogliano attaccare me, il Pdl e il governo». Così come poco importano per il momento le critiche interne: «Basta polemiche inutili, dobbiamo essere uniti in questo momento contro chi ci attacca».
Importa di più invece il problema sostanziale, ovvero il rischio di non avere rappresentanza adeguata per milioni di cittadini del Lazio e della Lombardia, cosa per il premier assolutamente inaccettabile. Ieri notte però non c'era ancora una soluzione e a Palazzo Chigi, in una riunione anche abbastanza nervosa, si discuteva di quale strada prendere.
Oggi un consiglio dei ministri, nel pomeriggio, avrà il compito di scegliere una soluzione, in ogni caso un decreto, il cui contenuto è però ancora vago.
 

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