Berlusconi tira dritto: ho i numeri

Dalla Rassegna stampa

Nel Pdl continuano a ripetere imperturbabili che, loro, i numeri ce li hanno già in tasca. La maggioranza assoluta. Non solo al Senato ma pure alla Camera. Aggiungono ridacchiando quelli che aggiornano il pallottoliere: «Aspettate il 14 dicembre, e ve ne accorgerete...». A chi tenta di obiettare che la somma delle opposizioni vale (calcolo di Bocchino) 317 voti, cioè la metà dei seggi a Montecitorio più due, i «berluscones» alzano le spalle e segnalano: «Dai 317 teorici sono già scesi a 316, poiché Catone torna con noi. Basterebbe che nei prossimi dieci giorni perdessero un altro, un altro voto soltanto, e la loro raccolta di firme diventerebbe un boomerang. Avrebbe l'unico effetto di auto certificare a Napolitano che una maggioranza alternativa non c'è, ci sono solo le urne».
 
C'è chi ironizza: «Il colpo solo con cui Fini voleva contemporaneamente abbattere Berlusconi e dar vita a un governo tecnico forse non otterrà né l'una né l'altra cosa, fiasco completo». Perfino un personaggio prudente come Quagliariello scuote la testa: «L'esito della partita è quantomeno aperto, non capisco francamente come mai Fini e Casini si siano assunti questo rischio». Piacciano o no, questi sono gli umori. Niente affatto dimessi. Semmai un pizzico sfrontati.
 
Quel buontempone di Calderoli ieri ha scritto su un foglio ciò che, secondo lui, accadrà il giorno della fiducia. L'ha sigillato in una busta, ha consegnato il tutto all'onorevole Pepe (che nella vita civile fa il notaio): «La scorsa fiducia ci ho azzeccato in pieno, farò centro anche stavolta» scommette. E come finirà, ministro? «Ce la facciamo», conferma lui. Pare ci siano un paio della sinistra che, pur di non tornare a casa, farebbero il salto della quaglia. Altrettanti col mal di pancia tra gli autonomisti di Lombardo.
 
Inutile adescare invece i Radicali: una «delegazia» guidata da Pannella s'è incontrata con La Russa per intavolare un dialogo di respiro, però niente discorsi obliqui (ed è vero). Due le notizie interessanti che circolano nell'accampamento berlusconiano. La prima: Bossi non «tradirà». I capigruppo leghisti Bricolo e Reguzzoni si sono precipitati a denunciare il «grave errore politico» della mozione congiunta Fli-Udc-Api-Mpa con parole identiche a quelle di Cicchitto. Seconda notizia: un abbozzo di trattativa con Fini c'è stato (contrariamente a quanto fa credere in pubblico il furbo Verdini), però ha fatto flop. Si parla di una telefonata tra il presidente della Camera e Gianni Letta. E risulta che l'esito non sia stato di gradimento del premier subito messo al corrente.
 
Toccata e fuga, dunque. Sui punti di dissenso circolano parecchie versioni. Qualcuno scarica la colpa, come al solito, sugli ex di An che si metterebbero di traverso a un «Berlusconi bis», in quanto terrorizzati dalla prospettiva di perdere la poltrona: in realtà Gasparri, La Russa e Matteoli stavolta sono innocenti, la trattativa si arena ma per ragioni le più diverse. Ad esempio, Fini vorrebbe che il premio di maggioranza della legge elettorale scattasse quando le coalizioni raggiungono almeno il 45 per cento dei voti: se arrivi al 44, niente premio. Per Berlusconi il 45 è troppo, già 40 sarebbe meglio, ma l'idea stessa non lo convince, «senza il premio si torna alla prima Repubblica» ripete testardo... E poi lui non vuole dimettersi, né si fida delle cosiddette «crisi pilotate».
 
Falso che intenda gettare la spugna un attimo prima di affrontare il dibattito a Montecitorio, «tutte stupidaggini» gli hanno sentito dire i suoi per telefono da Soci, dove oggi incontrerà (guarda che sorpresa) l'amico Vladimir. Bonaiuti, il portavoce, lo racconta decisissimo a vender cara la pelle. Gli hanno chiesto i cronisti: preoccupato per la mozione del Terzo Polo? Berlusconi: «No, però è da irresponsabili non mantenere la stabilità in Italia». Domani sbarca a Roma, e pure Tremonti tornerà dalla Cina. I protagonisti ci sono tutti, l'ultimo atto può incominciare.

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