Berlusconi: penso alla crisi non alla nuova legge elettorale

Dalla Rassegna stampa

C'è un filo rosso che tiene insieme cose apparentemente diverse come il quesito sui referendum e la «soire» di Silvio Berlusconi a «Porta a Porta», il decreto sviluppo e l'idea accarezzata dal Cavaliere di un nuovo «predellino», la nomina del nuovo Governatore di Bankitalia, la legge sulle intercettazioni ed il rinvio a giudizio di Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti nel caso Ruby.

Sono tutte questioni con le quali il Cavaliere deve fare, eccome, i conti. Ma il premier tiene a mostrarsi concentrato su una cosa soltanto: «il bene del Paese». Per questo promette entro 15 giorni le nuove misure anticrisi, ostenta olimpico distacco dal tema della legge elettorale, bacchetta l'opposizione che perde tempo a pensare a come disarcionarlo dal trono invece di «dare un contributo fattivo» alle riforme. E storce la bocca di fronte al «teatrino quotidiano della politica», che porta tutti (anche Pdl e Lega) ad accapigliarsi su un nuovo sistema di voto, mentre ci sarebbe solo da lavorare sodo per cambiare fisco, architettura istituzionale e giustizia.

«Non mi sto interessando della legge elettorale - garantisce Berlusconi -. Quello che mi sta a cuore in questo momento è continuare a lavorare per portare l'Italia al riparo dall'attacco al nostro debito pubblico e fuori dalla crisi finanziaria globale».

«La riforma del sistema elettorale non è materia sulla quale mi sto esercitando», chiarisce dunque il premier che, raccontano, vorrebbe convincere l'alleato Umberto Bossi a disinnescare la mina del referendum con una legge elettorale che salvi il bipolarismo ma reintroduca in qualche modo le preferenze. Un escamotage per allontanare il voto anticipato e rimanere in sella ancora per fare le riforme fino al 2013. Sempre che si riescano a comporre le tensioni (ancora forti) con Giulio Tremonti sul nuovo Governatore di Bankitalia e ad esibire in tempi brevi quel famoso decreto sviluppo che potrebbe smorzare le critiche di industriali.

Tutti nodi che verranno al pettine nel vertice di maggioranza di giovedì e che insieme al rinvio a giudizio di Fede, Mora e Minetti nel caso Ruby - hanno indotto alcuni dei più fidati consiglieri a dissuadere il premier dal presentarsi già domani in prima serata nel salotto di Bruno Vespa, a «Porta a porta».

Ne è nato un piccolo «giallo», con una prima nota della redazione di via Teulada che annunciava la presenza ed una seconda che la revocava. Che è accaduto nel frattempo? «Chiedetelo a Palazzo Chigi - risponde con disappunto Vespa -. Fino al momento in cui è stata fatta dalla redazione la prima nota, Silvio Berlusconi aveva confermato la sua presenza in trasmissione mercoledì sera. Poi ci hanno detto che non sarebbe venuto, per sopravvenuti impegni di governo. E certo io non posso sapere se in quell'arco di tempo è successo qualcosa che gli ha fatto cambiare idea. Può darsi che voglia venire in trasmissione quando ha elementi più certi in mano».

Intanto, l'unica cosa sulla quale sono tutti d'accordo è che la richiesta di referendum elettorale sottoscritta da un milione e 200mila cittadini abbia «smosso le acque della politica». Ne è convinto il leader Idv Antonio Di Pietro, tra i promotori dell'iniziativa ("ha rimesso al centro dell'attenzione un tema centrale»). «Dubito - taglia corto il segretario di Sel Nichi Vendola - che ora come ora ci sia una maggioranza in grado di fare una riforma elettorale». Tanto vale, aggiunge, attendere il referendum per poi votare con il "Mattarellum" che uscirebbe fuori dal "porcellum" modificato. Berlusconi, invece, alle elezioni anticipate non ci pensa proprio. Ma la miccia dei quesiti referendari ormai è accesa. Così Roberto Maroni nega di aver mai fatto cenno al voto anticipato e ribadisce di aver parlato solo di referendum. Franco Frattini invita a rispettare la richiesta dei cittadini e a non inventare alcuna «alchimia» per bypassarlo. La questione, dunque, si complica. E ogni partito tira l'acqua al proprio mulino. Facendo rispuntare il modello «proporzionale alla tedesca», come indica Mario Tassone (Udc), o il collegio uninominale secco (o a due turni) che rilancia la radicale Emma Bonino. Allo stato, l'unica proposta di legge presentata ufficialmente da un partito, è quella del Pd, messa a punto da Gianclaudio Bressa che prevede in sintesi: doppio turno, 70% collegi uninominali, 28% recupero proporzionale nei collegi circoscrizionali, 2% diritto di tribuna su collegio unico nazionale. L"'unica» soluzione per ora, interviene il ministro Saverio Romano, è quella di inserire nel «Porcellum» le preferenze. Cosa che vede, invece, assolutamente contrario Enrico La Loggia (Pdl) («È un meccanismo che in passato ha prodotto condizionamenti in certi casi criminali»).

In molti scommettono che alla fine si voterà a primavera per scongiurare il referendum. Obiettivo: evitare «l'inserimento» di quelle preferenze che in molti reclamano «ma solo a parole». Pier Ferdinando Casini pur chiedendo «una legge elettorale diversa» assicura che «con tutte le leggi elettorali che possiamo fare, il terzo polo è determinante».

© 2011 la Gazzetta del Mezzogiorno. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK

Ti potrebbe interessare anche:

 Dichiarazione di Riccardo Magi, segretario di Radicali Italiani, e del tesoriere Michele Capano Salutiamo che per la prima volta un presidente del Consiglio parli di "referendum act", come ha fatto oggi Matteo Renzi: cioè di una proposta complessiva di riforma dell'istituto...
 Dichiarazione di Riccardo Magi, segretario di Radicali Italiani, e del tesoriere Michele Capano   Solo superando le norme "medievali" che ostacolano la raccolta delle firme, la riforma costituzionale amplierà la partecipazione popolare come afferma il presidente...
"Di fronte a un flusso di migranti ormai costante da oltre due anni, le istituzioni e il territorio milanesi hanno deciso di intervenire tempestivamente per assicurare un'accoglienza dignitosa a migliaia di persone e garantire al tempo stesso una gestione ordinata all'intera città" così il...