Berlusconi: non voglio più vederlo

Con gli anni siamo diventati abbastanza coriacei e sopportiamo attacchi e denigrazioni gratuite. Non c`è come pubblicare notizie anziché nasconderle nei recessi delle cronache minori per essere criticati o addirittura derisi. Qui al Giornale ci abbiamo fatto l`abitudine e non protestiamo; conosciamo le regole del gioco, e non è poi un gioco. Un paio di mesi fa, uscimmo con il seguente titolo; «Il compagno Fini dove vuole arrivare?». L`indomani fu la fine del mondo. Nei giorni successivi, peggio ancora, al punto che il presidente della Camera annunciò querela, pratica piuttosto diffusa fra i politici incapaci di reggere alle osservazioni dei giornalisti. Ma il punto non è questo. Nei nostri articoli si poneva in evidenza la lontananza di Fini dalla via maestra indicata dalla maggioranza dei Pdl di cui egli è (era) autorevole esponente. In sintesi esprimevamo il dubbio che avesse in animo di prepararsi il terreno ad essere eletto capo dello Stato in un futuro prossimo. E che perciò cercasse di ingraziarsi la sinistra che, di fatto, ha mostrato e mostra di averlo in simpatia tanto è vero che lo applaude ogniqualvolta apre bocca, purché dica male di Berlusconi e ne censuri i comportamenti. Un`altra ipotesi era che egli puntasse a scaricare il premier per costituire, in Parlamento, una nuova maggioranza frutto di un rimescolamento delle carte politiche. Perché queste supposizioni? Abbiamo sempre scartato l`idea che lui, navigato com`è, litigasse gratuitamente con Berlusconi, così, per il piacere di metterlo alle corde e magari costringerlo alla resa. Di solito un politico esperto non agisce per capriccio bensì perché ha uno scopo. Quale sia questo benedetto scopo ancora non sappiamo con certezza, ma il fatto che Fini non digerisca il premier è palese. L`insofferenza era emersa in varie circostanze; dopo la divulgazione dei suoi conversare fuori onda con un magistrato, in un convegno nello scorso novembre, non siamo più davanti a segnali di semplice antipatia, ma a una frattura insanabile di opinioni. La differenza fra i due è abissale: Fini piace a chi non lo vota, mentre il Cavaliere non piace a nessuno ma lo votano in massa. La questione quindi si riduce a un interrogativo apparentemente banale, in realtà decisivo: come capo di una coalizione e di un governo è meglio avere chi ha l`appoggio dell`elettorato di riferimento o chi è sostenuto in prevalenza dall`opposizione? Poiché per vincere le elezioni servono i suffragi e non i battimani, ci sembra giusto affermare che tra Berlusconi e Fini convenga (ri) scegliere il primo e sacrificare il secondo, pur nella consapevolezza che ciò in ogni caso sarebbe un immiserimento del Pdl. Il nostro Paese ha tanti problemi; è un suicidio trascurarli per correre appresso alle bizze del presidente della Camera, probabilmente alimentate dalla frustrazione di non essere più un numero uno. Non ignoriamo che le questioni personali dei politici pesano sui destini nazionali e talora li determinano, ma c`è un limite a tutto, anche alla pazienza: e Fini coi suoi atteggiamenti nevrotici è orinai una zavorra da cui sarebbe opportuno liberarsi. A meno che, come scrivemmo mesi fa, non rientri nei ranghi. Dubitiamo ciò possa avvenire perché il dissidio è profondo e si è inasprito a causa delle paroline sfuggite al signor Dissidente a proposito di Spatuzza, che hanno rivelato quanto Gianfranco confidi nel mafioso, pluriomicida pentito, per fare secco il Cavaliere. Il quale dice: non lo voglio più vedere. Brutta pagina umana e politica. Sarà difficile dimenticarla.
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