"Berlusconi mafioso? Verificheremo"

Dalla Rassegna stampa

Dunque, sarei un censore. Repubblica, mercoledì 18: “La7, stop all’inchiesta su Dell’Utri. La redazione contesta la scelta di Piroso”. Apriti cielo! Il sinedrio della corporazione si risveglia dal torpore. Tutti a lanciare allarmi per il libero giornalismo, evocando il fantasma della censura. Mancano all’appello - democratico e antifascista, ça va sans dire - il Cdr del Tg1 e l’associazione Articolo 21. Rimediano mercoledì pomeriggio. Parlando di me - ma non con me - e di un servizio televisivo (non un’inchiesta) che nessuno di loro ha visto. Perché poi la rappresentanza sindacale di un Tg Rai si occupi di come il direttore del TgLa7 lavora, la dice lunga su una concezione vagamente sovietica e pansinda calistica del proprio ruolo, che si autocondanna alla marginalità. Quanto ad Articolo 21 e al suo portavoce, onorevole Giuseppe Giulietti, siamo all’intimidazione: «Se e quando Fnsi e Stampa Romana decideranno di promuovere un’iniziativa non solo parteciperemo ma metteremo a disposizione i legali di Articolo 21 per qualsiasi iniziativa decideranno di assumere e promuovere». A parte gli anacoluti e la prosa sgangherata, l’annuncio è in linea con certe iniziative della meritoria associazione che si richiama alla libertà di espressione. Intesa però a senso unico. Così, quando misero sul proprio sito una critica su Michele Santoro, davanti alle lamentele del collega, si scusarono e sconfessarono l’autore del servizio (una storia che vi ho già raccontato, smentite: nessuna). Due anni fa, poi, hanno messo nella propria “home page” un vergognoso articolo che mi ricopriva di me.nta. Firmato da chi? Da uno pseudonimo. Cioè anonimo. Quindi, come dire?, in stile vagamente omertoso.

Insomma, io avrei fatto “saltare” un’intera trasmissione sulla presunta trattativa Stato-Mafia anche perché, essendo nervoso in quanto Berlusconi vorrebbe sostituirmi a La7 con un uomo di sua fiducia, starei cercando di salvare la poltrona.
Sono vere tali circostanze? No, anche se riferite da Repubblica e Il Fatto Quotidiano ( Libero, che mi definisce «non berlusconiano», almeno si limita a mettere in fila le email scritte dai vari protagonisti della vicenda). In realtà: 1. Tempo fa una collega del tg avanza la proposta di un’intervista a Ciancimino jr sulla vicenda della trattativa Stato-Mafia, da realizzare per il settimanale de La7 “Reality”. Il vicedirettore Pina Debbi (che con la curatrice Paola Palombaro supervisiona il programma) ed io diamo l’ok al servizio, che ovviamente non sarà l’unico della puntata.

2. Mercoledì 11 novembre si apprende che l’intervista non c’è. Cioè manca l’unica notizia inedita che permetterebbe al pezzo di avere un suo perché. In alternativa, si tratta di rimasticare cose già edite e note, nonostante che a tale servizio la collega stia lavorando da ben tre settimane (!). Comunque, si decide - a mia insaputa, ma qui non rileva: la macchina complessa di un tg vive anche del principio della delega gerarchica, tanto più che le regole sono chiare e più volte ribadite (i fatti vanno separati dalle opinioni, le opinioni hanno tutte diritto di cittadinanza) - di lasciare in scaletta il pezzo.

3. Lunedì 16 la curatrice manda una email allarmata alla Direzione: dovete assolutamente controllare il servizio (peraltro chiuso al montaggio solo nel tardo pomeriggio precedente, domenica 15). Incarico allo scopo il vicedirettore vicario Edgardo Gulotta.

4. Gulotta lo visiona, e mi segnala di avere le stesse «perplessità» della curatrice. Verifico. In effetti, la parte finale del servizio rilancia le dichiarazioni del “pentito” Spatuzza, che riferisce di confidenze del boss Graviano (il quale sostiene, secondo Spatuzza, ma - come scrive Il Fatto Quotidiano di ieri - è una deduzione di Spatuzza: «Berlusconi è il referente della Mafia»); a seguire, spazio ai commenti dell’avvocato (di altri “pentiti”) nonché senatore dell’Idv Luigi Li Gotti; di Nando Dalla Chiesa e del procuratore Antonio Ingroia, con l’aggiunta della citazione di un “pizzino” in cui Provenzano avrebbe chiesto a Berlusconi una rete televisiva. Rischio querela? Totale. Testi “a confutazione”? Zero. Nostre verifiche dirette e non “de relato”? Zero. Una voce, almeno una, che non dico smonti l’assunto (per questo, nel caso, ci sono i tribunali), ma che almeno ponga dubbi su fatti ancora sotto verifica processuale? Zero di zero. Che so, un riferimento a quanto detto dal capitano Ultimo, che ha catturato Riina, su questa improvvisa, nuova, sospetta attenzione di Totò ’U Curtu per via D’Amelio? Zero di zero di zero. Il tutto da mandare in onda nel giorno in cui lo Stato infligge un nuovo colpo alla mafia, con l’arresto del numero due di Cosa Nostra!

5. Dico quindi alla curatrice del programma, alla presenza del vicedirettore, che non è (solo) un problema di merito, ma di metodo. Che non si può presentare soltanto una ricostruzione (a tratti “criptica”), per quanto autorevolmente avallata, perché non è nostro compito sposare una tesi; quindi, la invito a far cercare qualcuno che, rispetto a questa versione, possa dire la sua (indico nomi in ordine sparso, da quello del sottosegretario Francesco Nitto Palma a quello, per ultimo, di Dell’Utri);
6. Nessuno, quindi, ha “cestinato” il servizio (come scrive, sbagliando, la Padania). È stato invece detto: «Va in onda oggi, se si riesce a completarlo in tempo; altrimenti, slitta in attesa delle integrazioni». Scusate, quale sarebbe la censura, visto che si chiede non di togliere o edulcorare, ma di aggiungere e integrare, chiarendo?

7. Con la coscienza tranquilla, avendo esercitato le mie prerogative e considerando l’episodio come parte della normale dialettica redazionale, passo a occuparmi (e a preoccuparmi) d’altro. Beata ingenuità. Il comitato di redazione decide di dare pubblicità all’“incidente”, invitandomi - con una lettera recapitata anche all’Editore - a chiarire con urgenza i motivi del gravissimo atto nei confronti di una seria professionista, del programma Reality, del tg e de La7 tutta intera (bum!);

8. Mi tocca rispondere, rischiando la sgradevolezza ma solo per ristabilire la verità dei fatti, a cominciare dall’autonomia da me garantita alla collega (che ha sempre lavorato liberamente, firmando tra gli altri uno “speciale” su Provenzano e servizi per Reality sull’omicidio Borsellino e sull’archivio Genchi, e questo prima, durante e dopo la causa di lavoro contro Direzione e Azienda per “mobbing”, ovvero emarginazione e discriminazione: peccato il giudice le abbia dato torto, condannandola anche al risarcimento delle intere spese processuali).

9. Indovinate un po’ qual è la tesi sposata da Repubblica e Fatto Quotidiano, testate i cui giornalisti sono spesso ospiti di mie trasmissioni a La7, e che hanno sempre potuto dire in totale libertà tutto ciò che hanno voluto? Ma naturalmente quella della censura pro Dell’Utri, fatta circolare ad arte alle mie spalle. Perché, altrettanto naturalmente, nessuno ha sentito il bisogno di farmi una telefonata per chiedere il mio punto di vista.

Tipico di chi sostiene che si possa mandare in onda un servizio su un’inchiesta giudiziaria violando quelle regole di completezza sancite da un accordo sui processi mediatici firmato presso l’Agcom da tutte le emittenti, dall’Ordine dei giornalisti e dalla stessa Fnsi! Meraviglioso. E questi sarebbero i combattenti per la libertà e l’imparzialità dell’informazione?
Ma fatemi il piacere! Il vostro giornalismo profuma di vongole.

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