Berlusconi elogia il governo nella settimana delle sentenze

Dalla Rassegna stampa

Proprio all’inizio della settimana di passione che lo attende, con un paio di sentenze destinate a segnare il suo destino di imputato, Berlusconi si mostra entusiasta del governo così come non lo era stato mai. Telefona a «Studio Aperto» e copre di elogi il decreto «del fare», un «buon inizio» per l’esecutivo e un «grande risultato» per il centrodestra. Appunta idealmente una medaglia sul petto dei ministri Pdl «che si sono molto battuti», spiega, in questo modo ripagandoli del «fuoco amico» diretto in modo particolare nei giorni scorsi contro Alfano e contro Quagliariello (accusati dai «berluscones» più scalmanati di non saper battere i pugni sul tavolo).

Ma il passaggio politicamente più rilevante è là dove Berlusconi, per dirla col portavoce Bonaiuti, «ribadisce di essere un sostenitore fondamentale di questo governo». L’intesa tra destra e sinistra viene da lui definita «un fatto storico dopo decenni di contrasti, anche aspri». L’auspicio è che «questa collaborazione possa durare», anzi «deve durare» nel solco della pacificazione nazionale... Non è certo la prima occasione in cui il Cavaliere veste i panni nobili del «pater patriae». Inoltre certi aspetti del decreto governativo giustificano pienamente la sua esultanza nonché quella degli esponenti Pdl che si sono lanciati in un plauso quasi sfrenato: su Equitalia, sono state recepite parecchie idee di Capezzone; di talune delle molte semplificazioni adottate, Brunetta può ben dichiararsi il profeta. Ma ciò che preme in questo momento sottolineare a Berlusconi è il clima generale fattivo, lo spirito di costruttiva consonanza tra i due schieramenti, quasi a smentire che sia impossibile farli convivere a lungo. E tutta questa sua enfasi fa sorgere nei maliziosi (che sono tanti) più di un dubbio.

Sembra loro che il Cavaliere voglia rammentare a tutti, e in particolare a quanti dovranno pronunciarsi su di lui con sentenze pesantissime, l’importanza capitale del sostegno a Letta, la generosità con cui lo spinge a procedere, dunque lo sconquasso che potrebbe verificarsi se per disgrazia fosse obbligato a ripensarci. Sembra molto improbabile che questi discorsi possano impressionare i giudici milanesi che tra sette giorni esatti decideranno su Ruby. Contro di loro, Berlusconi prepara armi di tipo mediatico, a cominciare dallo speciale che giovedì sera andrà in onda su Rete4 (il titolo è un programma: «La guerra dei vent’anni. Lo scontro finale»). Ad Arcore sanno perfettamente che, su questo caso, la politica può esercitare una limitata influenza. Diverso è il caso della Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi dopodomani sul legittimo impedimento dell’ex-premier. Le voci che raggiungono Berlusconi, circa gli orientamenti della Consulta, non sono tra le più incoraggianti.

Alte fonti governative confermano che il relatore (Cassese) sarebbe orientato a dargli torto, nel qual caso addio speranza di cancellare con un tratto di penna la condanna a cinque anni, più interdizione dai pubblici uffici, per frode fiscale nell’ambito dei cosiddetti diritti Mediaset. Dunque il pressing del centrodestra si fa sempre più tambureggiante, specie nei confronti del Quirinale. Dove Berlusconi ritiene, a torto o a ragione, che posseggano le chiavi per liberarlo dalle sue catene giudiziarie. La Consulta, più di una volta, si è mostrata permeabile agli umori della politica. E in fondo, così dev’essere: il Costituente stabilì che un terzo dei suoi membri fosse di nomina parlamentare, un altro terzo nominato dal Presidente della Repubblica. Addirittura Pannella arrivò spregiativamente a bollarla come la Cupola partitocratica... Perché stupirsi se Berlusconi, a poche ore dal pronunciamento, vuol far pesare la sua buona condotta, e sottolinea di essere stato ai patti?

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