Berlusconi al Pd: "Pronto al dialogo sulle riforme"

Dalla Rassegna stampa

 

Metamorfosi nel Cavaliere che ancora pochi giorni fa, non appena si parlava di riforme, attaccava con gli sbadigli perché a lui piacciono le cose spicce, qui invece si pontifica da decenni senza costrutto... Di colpo la sua noia è svanita. A Berlusconi si sono illuminate le lampadine. «Abbiamo il dovere di fare le riforme», è il discorso della svolta alla Direzione Pdl, «ora o mai più. Gli elettori ci hanno dato questa responsabilità, visto che con la conquista della Conferenza Stato-Regioni governiamo la maggioranza degli italiani. Sono pronto a incontrare il leader dell’opposizione in uno spirito di totale apertura». Ciò che al premier risultava ostico, incomprensibile, sofismi da giuristi, adesso diventa addirittura un cavallo di battaglia. Come mai questo rovesciamento?
La prima spiegazione riporta alla cena dell’altra sera con Bossi. Li Berlusconi s’è reso conto che il Carroccio ci tiene davvero, vuole coinvolgere il Pd sulle riforme. L’impresa è ardua, magari impossibile, ma il Cavaliere non ha nulla in contrario che la Lega si cimenti: male che vada sarà una valvola di sfogo, un mulino a vento in grado di tenerla impegnata per qualche mese mentre Tremonti cercherà i soldi per attuare il federalismo fiscale e lui, Silvio, manderà avanti le sue urgenze sulla giustizia (riunione ieri mattina con il ministro Alfano per fare il punto) che non prevedono subordinazione dei pm al governo, precisa. Se poi il Carroccio dovesse farcela, agganciando l’opposizione sul suo progetto comprensivo di federalismo e semi-presidenzialismo alla francese, nessuno sarebbe più lieto di Berlusconi. Il quale, ecco l’altra spiegazione, avrebbe la chance di concludere la sua parabola sul Colle, e da lassù decidere chi sarà il successore. Guarda caso, spiazzando i notabili del suo partito, Berlusconi ha espresso ieri la netta preferenza per un Capo dello Stato eletto dal popolo, «il semipresidenzialismo è il modello più opportuno» ha detto, salvo controproposte di Bersani si capisce.
E’ il massimo della copertura politica alla Lega e in modo particolare a Calderoli. Che ha messo nero su bianco le proposte del Carroccio in una bozza destinata a soppiantare quella di Violante. E questa «prima bozza» (tale la considera il premier) è stata consegnata da Calderoli brevi manu al Presidente della Repubblica: un po’ per metterlo al corrente, un po’ per coinvolgerlo nella grande trama, vista e considerata la «moral suasion» che Napolitano può esercitare a sinistra.
Non induca in errore la smentita del Cavaliere di fronte ai suoi gerarchi, che lui non ne sapeva nulla, che la visita al Quirinale è solo una pensata autonoma di Calderoli. Siamo al gioco delle parti. E’ chiaro che il ministro della Lega ha ottenuto piena libertà di manovra con un solo vincolo: la legge elettorale non si tocca. Almeno per ora.
Semi-presidenzialismo, dialogo, mano tesa... Le distanze con Fini si annullano, il chiarimento tra i due slitta alla prossima settimana, ieri nemmeno si sono sentiti. Sciolto il nodo Galan: sarà ministro delle Politiche agricole al posto di Zaia, neo-governatore in Veneto. Ultimatum di Berlusconi a Casini: ritorni all’ovile, dove sarà ben accolto. Altrimenti si attenda una riforma della «par condicio» tivù, che cancellerà dal video tutti i partiti minori, cominciando proprio dall’Udc.

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