Battuto sul verde urbano il governo aspetta la «bomba» Milanese

Governo battuto cinque volte a Montecitorio sulla regolamentazione del verde urbano con mezzo governo assente e banchi della maggioranza a macchia di leopardo. Il paradosso di un emendamento con relatore leghista che passa con il voto contrario del solo Carroccio. Un sottosegretario, Belcastro, che alla fine si arrende: visto che non c'è la copertura finanziaria, votate un po' come vi pare.
Un presidente della Camera, Fini, che condivide «ampiamente» la richiesta dell'opposizione per un esecutivo di transizione e così tira le somme della giornata: «Un campanello d'allarme deve suonare.
C'è una maggioranza numerica molto fragile in termini politici». E un pidiellino di rango, Beppe Pisanu, che vede l'Italia in grave pericolo: «Abbiamo un governo che non è in grado di reggere il peso dei problemi».
«Vabbé votate come vi pare»
Aria pesante in Parlamento. L'87esima sconfitta in aula dell'esecutivo (conteggio del Pd, autore del blitz insieme ai Radicali) viene accolta con sovrana indifferenza. Eppure è una resa incondizionata: per uscire dalla palude al sottosegretario all'Ambiente Belcastro tocca rimettersi all'emiciclo «evidenziando che si vota qualcosa che non ha copertura finanziaria». 54 assenti pidiellini e 9 leghisti. Bocciata pure la richiesta di rinvio in Commissione. Finisce così: con il testo comunque approvato e rinviato al Senato. I parchi cittadini possono attendere.
Contano i processi di Berlusconi e la guerra intestina alla maggioranza sul dopo-Silvio. A bordo campo, continua il pressing: Casini definisce per l'ennesima volta questo governo «inaiutabile», Bersani ri-invoca discontinuità subito, industriali e Chiesa mandano segnali. Appuntamento domani con il voto segreto su Milanese, l'ex assistente del ministro Tremonti su cui pende richiesta d'arresto.
Il premier: «giustizia malata»
Ieri un'inattesa boccata d'ossigeno per la linea difensiva del premier: il trasferimento della competenza dell'inchiesta per presunta estorsione ai danni di Berlusconi da Napoli alla Procura di Roma. Il punto a favore rianima la maggioranza e La Russa si precipita a smentire che stiano organizzando una manifestazione di piazza contro i magistrati.
Sul destino di Milanese però il Cavaliere non ostenta - almeno in apparenza - ottimismo. Nei discorsi privati lo dà per perso: è diventato un crocevia di troppi malumori intestini, aspettative di prebende deluse, rancori contro Tremonti. Ma se mette in conto la caduta dello spregiudicato ex finanziere, non è intenzionato a trarne le conseguenze: «In questo momento siamo debolissimi - ammonisce a destra e a manca - Se si va a votare adesso perdiamo tutti».
La strategia del premier in teoria non cambia: resistere a oltranza. Niente passo indietro e il resto verrà di conseguenza. Gli altri si adegueranno. A suo dire, lo ha capito anche Maroni, il nemico interno numero uno. Al fido La Russa il compito di ribadire il no alla «tortura» dell'arresto e di scinderlo in ogni caso dal futuro del titolare dell'Economia.
Poi, per il premier deve scattare l'offensiva: puntare sullo sviluppo, tallone d'Achille della manovra secondo tutti gli osservatori. A questo sarà dedicato il vertice di domani con Alfano e lo stato maggiore del Pdl ma anche i capigruppo leghisti Reguzzoni e Bricolo. Non a caso organizzato nel giorno del voto su Milanese. Sa che le opposizioni vogliono mandargli un segnale (peraltro anticipato dal voto di ieri) - cioè: "questo" centrodestra non ha più la maggioranza numerica - e rilancia.
Ma soprattutto Berlusconi vuole giocarsi alla grande l'insperata vittoria procedurale nell'inchiesta Tarantini: «La giustizia è malata. Ora il Quirinale mi ascolti». Intercettazioni, processo lungo, prescrizione breve, e chi più ne ha più ne metta».
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