La Basilicata come metafora. La politica non è femminile

Dalla Rassegna stampa

Politica lucana affetta da misoginia? Donne marginalizzate dai partiti o che si autoescludono in nome di un impegno ritenuto troppo gravoso per reggere i ritmi imposti dall’attività istituzionale? È il solito dilemma a risultato acquisito delle elezioni. Da sempre. Quest’anno, nella Basilicata reduce dal voto, il fenomeno è ancora più marcato perché in consiglio regionale non ci saranno neppure quelle mosche bianche (rosa) che hanno ronzato tra Io sciame di calabroni maschi nelle ultime due legislature: Adeltina Salierno, Maria Antezza ed Emilia Simonetti oltre alle «assessoresse» esterne Rosa Mastrosimone, Rosa Gentile e Vilma Mazzocco.

Nel parlamentino di via Anzio la presenza femminile, già risicata a livello di candidature (29 su 250), potrebbe essere garantita in zona Cesarini solo grazie alla rinuncia del senatore Tito Di Maggio (Scelta civica), giunto secondo tra gli aspiranti governatore, che con tutta probabilità opterà per Palazzo Madama lasciando il suo posto ad Annunziata Pizzolla, inserita nel listino del centrodestra alle spalle proprio di Di Maggio. Insomma, sarà il meccanismo elettorale e spruzzare di rosa l’assemblea regionale di Basilicata, quello stesso meccanismo, però, che ha impedito alla giovanissima Maria Murante, candidato presidente di Sinistra Ecologia e Libertà, di essere eletta nonostante la sua buona performance. A rappresentare Sel ci sarà il compagno di partito Giannino Romaniello, consigliere uscente.

RIEQUILIBRIO - La tiritera della rappresentanza di genere in politica torna d’attualità. Con buona pace di quanti, in questi ultimi anni, hanno auspicato un riequilibrio di sessi nel quadro delle candidature. L’esempio della Campania, che ha dato vita ad una legge regionale con la doppia preferenza a candidati di genere diverso, non ha trovato terreno fertile in Basilicata. In base alle disposizioni del governo campano, lo ricordiamo, il premio è attribuito attingendo alle liste della coalizione vincente in cui è prevista la presenza di almeno un terzo di candidate. La soluzione della doppia preferenza è un espediente per garantire maggiori possibilità alle donne di essere elette. Espediente che Adeltina Salierno aveva inserito in una sua proposta di legge - oggi impolverata in qualche cassetto - quando ricopriva la carica di consigliere regionale. Era un’idea nata proprio con lo spirito di garantire un equilibrio tra uomini e donne nelle candidature, quasi una sorta di corsia preferenziale su cui, per la verità, non c’è mai stata una piena convergenza dell’altra metà del cielo, impegnata in un dibattito sul tema, a giudicare dai risultati, assolutamente infruttuoso.

C’è anche chi - è il caso dell’ex assessore regionale Rosa Mastrosimone - ha escluso paletti, discriminazioni o snobismo maschile alla base della marginalizzazione femminile, spiegandola con lo scarso appeal che ha la politica nei confronti delle donne. Tesi avvalorata dai dati di una recente indagine Istat: i partiti, i loro inciuci e le loro strategie continuano ad essere percepiti come una dimensione lontana dai propri interessi. Solo il 53,6 per cento delle donne, infatti, si informa settimanalmente di politica, contro il 68,5 degli uomini. Se si considera lo scambio di opinioni sui temi di natura istituzionale, le differenze di genere sono ugualmente elevate: le donne parlano di politica almeno una volta a settimana solo nel 31,3 per cento dei casi contro il 48,1 degli uomini.

DISTANZE -Insomma, universo femminile e politica, due mondi troppo distanti. Ma secondo la presidente della Commissione pari opportunità della Regione Basilicata, Antonietta Botta, è lo stesso sistema politico a chiudere le porte alle donne: «Il variegato mondo dei partiti e dei cartelli elettorali lucani - dice - utilizza una grande arte oratoria per mostrare attenzione nei confronti della necessaria presenza paritaria nelle istituzioni. Alla prova dei fatti però, quell’arte si rivela solo sterile propaganda. Si deve forse prendere atto - si chiede la presidente - che le donne sono ritenute, dalle forze politiche, inadeguate all’esercizio del governo? O forse si ritiene ancora che le donne debbono essere votate solo dalle donne e, dunque, si rimanda la responsabilità ad esse?».

Una cosa appare certa: le tantissime volontarie impegnate in attività solidali dimostrano che le donne hanno voglia di regalare il proprio tempo alla società, riuscendo a sincronizzarlo con quello che dedicano alla cura della famiglia e al proprio lavoro. Nel loro DNA c’è il pragmatismo e nel volontariato ritrovano l’immediatezza del risultato legato al proprio impegno. Quell’immediatezza che la politica non riesce a garantire, stritolata da interessi e sotterfugi. Guarda caso, due sostantivi al maschile.

 

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