Barroso: economia italiana solida e l'industria dà segni di risveglio

Dalla Rassegna stampa

 

La strada per uscire dalla crisi è lunga, difficile, richiede ancora molti sforzi e molto impegno. Ma per la Ue ci si può fidare dell’Italia. Il Paese è «solido», «forte» e al riparo dalle situazioni drammatiche che hanno coinvolto la Grecia. La Commissione Europea ci promuove, prende atto dei segnali buoni che arrivano dall’economia reale e, attraverso il suo presidente Josè Manuel Barroso, dà una sferzata di energia all’Italia.
«Tutte le Nazioni in questo momento hanno difficoltà, l’importante è mantenere la disciplina sui conti», ha premesso Barroso. Ma il giudizio sull’Italia è stato chiaro. «L’economia italiana è solida», ha detto, anche se Roma deve «fare uno sforzo» sui conti pubblici, e come tutta l’Europa avanzare «riforme profonde, ambiziose» per evitare il declino.
Un ottimismo basato sui numeri, a partire da quelli arrivati dall’Istat sulla produzione industriale. A febbraio, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, l’indice è tornato per la prima volta positivo da quando è scoppiata la crisi e ha messo a segno un netto più 2,7%, legato soprattutto ad una rimonta delle auto trainata dagli incentivi (più 16,1%), ma anche alla rinascita dei prodotti chimici, dei computer e dell’elettronica.
Ora va detto che - se si registra una crescita su base annua - invece fra gennaio e febbraio di quest’ anno la variazione è stata nulla, e quindi la "corsetta" sembra aver subìto un arresto. Ed è altrettanto vero che non tutti i segnali in arrivo sono buoni. Ma le parole di Barroso sono state musica per le orecchie del governo. Per il ministro dello Sviluppo economico Scajola, i dati dell’Istat vogliono dire che « la ripresa è in corso e sono la migliore risposta a chi continua a parlare di declino». Più cauto, in verità, è stato il collega del Lavoro Maurizio Sacconi, convinto che la crescita ci sia, «ma selettiva e discontinua» e che quindi debbano essere colte «le occasioni che vengono dal commercio globale».
Qualche dubbio arriva anche da Confindustria, malgrado il dossier del suo Centro Studi sia in linea con i dati Istat (a marzo su febbraio la produzione risulta in crescita dello 0,8% e nel primo trimestre in aumento dell’1,7).
E’vero, commentala leader Emma Marcegaglia che «siamo in fase di miglioramento, ma davanti
a noi la strada è ancora lunga prima di tornare ai livelli precrisi» rispetto al quale «siamo sotto del 18,7 per cento». Dalla Cgil, Susanna Camusso parla di «timidi segnali» che vanno sostenuti e rafforzati. A mettere qualche paletto ci hanno pensato sia la Banca d’Italia che il superindice Ocse (un mix di rilevazioni varie sulla fiducia di famiglie e imprese, ma anche su tassi e produzioni) che segnala come l’Italia, assieme alla Francia, sia in frenata rispetto all’andamento degli altri Paesi. Misurato a febbraio su gennaio, il superindice Usa segna un più 0,9%. Quello di Eurolandia è allo 0,5, ma a Roma e Parigi si arresta rispettivamente a 0,24 e 0,06%. Quanto al dossier prodotto dalla Banca d’Italia, si ricorda che da noi la crisi «si è ripercossa con straordinaria violenza» e nel triennio 2008-2010 ha fatto sì che il Pil perdesse il 6,5 per cento.
Un crollo che lascerà strascichi visto che, segnala lo studio, «in una prospettiva di più lungo periodo, la crisi sembra avere inciso in misura non trascurabile anche sulle potenzialità di sviluppo. Si stima che il ritmo di crescita del prodotto potenziale si sia ridotto a circa lo 0,3 per cento». Strada lunga, appunto.

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