Bankitalia: più onesti, più ricchi redditi bassi dove c’è corruzione

Dalla Rassegna stampa

 Più onesti, più ricchi. Ha detto l’altro giorno il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi: «Quando in un individuo convivono rigore scientifico e senso delle istituzioni, lo sviluppo economico del paese è maggiore». Essere probi conviene all’economia: «Con queste persone l’Italia cresceva negli anni ‘60, ’70 ’80, ‘90 a ritmi superiori a quelli attuali». 

Poiché il governatore della Banca d’Italia parla di solito soppesando le parole, l’affermazione risulta indicativa di una qualche valutazione, analisi, studio, calcolo. Fino a lasciar intravedere una specie di «onestometro», uno strumento che misura il legame tra etica e benessere. E dunque: onestà e rettitudine pagano, non solo evidentemente in termini di coscienze individuali, ma anche a livello di sistema Italia.
Ebbene, qualcosa di simile c’è davvero nelle mani degli esperti. E’ l’incrocio di alcuni indicatori, rielaborati su dati di Banca Mondiale e Transparencylnternational. Ne vengono fuori due grafici unificati, utili per capire il legame tra questione morale e prosperità collettiva, specie in questo momento di crisi, non solo economica, ma anche di legalità.
Il primo offre un’immagine diretta e inequivocabile: dove maggiore è la corruzione, minore è il Pil pro-capite. E in questo caso l’Italia sta esattamente al centro tra i paesi virtuosi e quelli assai meno, superata in negativo da Grecia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e Malta all’interno di Eurolandia e ben lontana dai livelli di onestà dei big, con evidenti conseguenze in termini di ricchezza per tutti.
Nel secondo grafico, lo sviluppo economico è messo in relazione alla percezione della corruzione: e di nuovo l’Italia col suo Pil stiracchiato è più vicina a paesi come la Grecia, la Slovenia, il Portogallo o l’Ungheria, che non a Germania, Francia e Gran Bretagna, percepiti come decisamente più probi e quindi più opulenti.
Rettitudine e sviluppo: un mix nuovo. Mai prima d’ora il governatore ne aveva parlato, facendo una sua sintesi tra numeri e indicatori. Il risultato è una chiave di lettura dei fatti di oggi che grosso modo può riassumersi così: la probità è una dote, non solo per ciascuno ma anche per il paese; la disonestà è un
disvalore etico e pure economico. Solo un’altra volta, lo scorso aprile, annunciando che la velocità di deterioramento della crisi stava rallentando, Draghi s’era ispirato ad un indicatore speciale, conosciuto dagli addetti ai lavori e assai caro alle autorità monetarie (indice Pini, questo il nome), reinterpretato per fotografare la realtà economica di quel momento. Ma per il resto, ha sempre selezionato i parametri classici. Fino all’altro giorno, all’Università.
Resta il dilemma: a quale personalità pensava il governatore quando ha detto che con uomini retti e rigorosi il benessere dell’Italia era migliore di quello attuale. Su questo specifico punto dal fortino di Via Nazionale non filtra nulla. La cronaca però può essere in qualche modo d’aiuto. Dunque: sicuramente uno è proprio Guido Rey, allievo anch’egli di Federico Caffè, una figura «un poco unica», così l’ha definito, capace di combinare «rigore, pragmatismo e impegno nelle istituzioni»: quando Draghi parla dai microfoni, lo guarda fisso negli occhi.
L’altro forse è Carlo Azeglio Ciampi. Un attimo prima del suo intervento, viene letto tra gli altri un messaggio dell’ex-governatore, ex-ministro, ex-premier, ex-capo dello Stato. Come padre
dell’euro, Ciampi si è impegnato in prima persona per far centrare all’Italia l’obiettivo politico dell’ingresso nella «serie A» della moneta unica, come si diceva allora, senza optare per il convoglio di scorta, magari più comodo, ma che avrebbe umiliato il paese: Draghi era con lui in quella battaglia. Quanto agli altri, alle figure del passato, chissà.

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