E il banchiere del Papa gridò al complotto

Dalla Rassegna stampa

 

Ironia della sorte, mentre il banchiere di Unicredit Alessandro Profumo, laico, di sinistra, votante alle primarie dei Pd, che la stampa germanica continua a definire mister Arrogance, era sotto processo per la decapitazione da parte dei suoi azionisti, Ettore Gotti Tedeschi, cattolico, opusdeista (ma lui nega), papista e liberista anti-keynesiano, presidente della Banca vaticana che fu artefice delle peggiori nefandezze perpetrate nella prima Repubblica, finisce in un'inchiesta della magistratura per riciclaggio. Lui che dello lor, la banca extraterritoriale allocata nel Torrione di Niccolò V addossato al palazzo di Sisto V, da cui transitarono centinaia di miliardi di lire di tangenti italiche, aveva promesso di fare il regno della celeste armonia.
Una promessa per esorcizzare i fantasmi dei ribaldi, dal cardinal Marcinkus in poi, che avevano insozzato lo lor per decenni a disdoro di Sua San tità. Che cosa abbia in comune il papista campione del capitalismo cattolico, amico del Papa in persona e del cardinal Bertone, con il banchiere laico e arrogante di Unicredit, silurato ieri dopo essersi scontrato con Cesare Geronzi e con i potentati rappresentati oggi in questo paese da una fiera berlusconiana che, nientemeno, risponde al terribile duo Letta-Bisignani, dove Bisignani Luigi sta per il massone piduista che nel Torrione portava fisicamente le tangenti da riciclare (vedi maxi tangente Enimont), sarebbe complicato se non sovvenisse un singolare reperto. Si tratta di un libro.
Un libro che, incredibile dictu, il banchiere vaticano insegnante di Etica della Finanza alla Cattolica di Milano, scrisse a doppia firma con Profumo e intitolato «Spiriti animali, la concorrenza giusta». Oggi al banchiere del Torrione, che Papa Ratzinger vorrebbe premio Nobel per l'economia, forse non piace molto il parallelo con il suo collega di Unicredit, che ha pagato ieri anche una sorta di dichiarazione di autonomia rispetto ai poteri dominanti che stanno riassestando come preferiscono gli equilibri dell'alta finanza. In assenza di ormai antiche personalità carismatiche come Enrico Cuccia o Cesare Merzagora, il quale quasi mezzo secolo fa respinse Silvio Berlusconi che già si candi- dava all'azionariato della Generali di Trieste, scrivendogli che non erano affatto graditi in quell'azionariato distinto palazzinari come lui, compromessi con la politica. Rivendica l'etico Gotti Tedeschi la sua immagine virtuosa nel giorno del disonore giudiziario: «Sono sei mesi - ci dice a sera, dopo lo shock dell'avviso di garanzia, mentre entra in Banca d'Italia per parlare, forse, col governatore-che cerco di risolvere i problemi che ho trovato allo Ior. Ma qui nell'avviso si tratta di normali operazioni di tesoreria». Chissà che il presidente dell'etica tornante non abbia già risolto il problema delle triangolazioni tangentare a nome di Andreotti, con la fondazione americana intitolata al cardinale Spellman, che attraverso la sua banca transitavano liberamente.
Anche lui, il banchiere etico chetende alla celeste armonia, autore tra l'altro di un testo intitolato «Denaro e Paradiso», perla serie naturalmente che il denaro non è sterco del diavolo, non è esente da qualche dietrologia politica planetaria: «Chissà che qualcuno non pensi ad insozzare il successo che il Papa ha appena ottenuto in Inghilterra». Chi attenta a Gotti per colpire il Papa? La massoneria, con il Gran Maestro del Grande Oriente Gustavo Raffi, che ha appena celebrato con toni alti a Roma la presa di Porta Pia? Quella nazionale? Quella internazionale? Quella laico-cattolica dei Gelli e dei Bisignani, che oggi di fatto governa da palazzo Chigi? Chiediamo timidamente a Gotti se l'inchiesta 'che lo coinvolge non sia in fondo un antico lascito della Banca di Roma di Cesare Geronzi, che attraverso l'agenzia bancaria di via della Conciliazione, nella Città del Vaticano, faceva transitare le operazioni diciamo a rischio, alias sporche.
Dice di non saperne, ma sappiamo noi che appena nominato allo lor Gotti ci garantì che l'epoca Bisignani, del riciclo delle tangenti d'Italia era ormai estinta e quasi ci convinse con i suoi interventi sull'Osservatore Romano e persino sul giornale degli atei devoti di Giuliano Ferrara. Piacentino, padre di cinque figli («tutti con la stessa moglie», ci tiene a dire di questi tempi), ex Mc Kinsey, ex Akros, ex Santander dell'opusdeista Emilio Botín, Gotti Tedeschi è un personaggio assolutamente singolare nel mondo cattolico, non solo Opus Dei, ma forse teorica incarnazione del compromesso del mondo cattolico incarnato dal nuovo Papa col capitalismo. Un turbo liberista papista che disdegna Keynes, contro buona parte della Chiesa reale, e propugna l'iperliberismo. Nato, secondo lui non con Lutero, ma molto prima, con matrice cattolica. Non ci risulta, ma Gotti a pranzo vi convincerà con passione che il liberismo, checché ne dicano, imperava già nei monasteri medievali. Semmai fu successivamente indebolito dall'affarismo protestante. Non vorremmo indagare più a lungo sull'insidioso rapporto Denaro - Paradiso, di cui per la verità, con buona pace del banchiere vaticano, ci sfugge il nesso. Quel che sappiamo è soltanto che la celeste armonia invocata dal nuovo banchiere di Dio opusian-conservatore, come forse potrebbe testimoniare il suo collega post-conciliare Giovanni Bazoli, è rotta. L'inchiesta giudiziaria, seguita alle segnalazioni della Banca d'Italia, naturalmente è sacrosanta. Ma si tratta di capire se in nome del sempre più potente ministro dell'Economia Giulio Tremonti, che del Mc Kinsey boy illuminato dalla fede è un distinto estimatore e sponsor, persino il turbo liberista papista diventi un oggetto eventualmente da silurare per la persistenza perenne del Capo, allergico ad ogni possibile contendente alla premiership.

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