Banche e candidati, il Senatùr alza la posta.

L'alleato è fedele ma costa, e la riunione fissata per domani tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi nella bella villa del Cavaliere sul lago Maggiore, sarà sicuramente il passaggio decisivo per capire se la legislatura ha ancora un futuro o se davvero è destinata a finire prematuramente. Il Senatùr in questi giorni di feroce polemica politica ha infatti "scavalcato a sinistra" - come si diceva ai tempi della prima Repubblica - Berlusconi nella richiesta delle elezioni anticipate.
Il ragionamento politico del leader del Carroccio è semplice: il rapporto tra Berlusconi e Fini è irrecuperabile, governo e maggioranza sono destinati alla paralisi, la riforma federale non andrà da nessuna parte perché diventerà uno delle bandiere contro la quale si schiererà Fini e il centrodestra pagherà poi alle urne il logoramento al quale è sottoposto da mesi. Meglio staccare la spina il prima possibile e tentare di riprendersi la maggioranza e portare a casa, anche in caso di sconfitta, tutto il Nord. "Quindi, caro Silvio - dirà domani il Senatùr alla presenza di Tremonti e Cota - troviamo il modo per chiudere questa «sceneggiata napoletana» anche a costo di auto-affondarci, Napolitano ne dovrà prendere atto". Berlusconi non sembra però fidarsi troppo delle rassicurazioni del leader del Carroccio. Il presidente del Consiglio teme che, una caduta del governo per "suicidio parlamentare" spinga il capo dello Stato a cercare in aula un'altra maggiorana e,dunque un altro governo. E che, solo allora, scatterebbe la tagliola dell'alleato leghista che potrebbe dirsi disponibile a quel governo-Tremonti invocato anche dal Pd, sancendo così la fine del Pdl e dei futuro politico del Cavaliere.
Stretto tra leghisti e finiani, inquieto per il sospetto di manovre ai suoi danni anche da parte dell'alleato sion qui più fedele, Berlusconi dunque non sembra avere ancora le idee chiare su come fare quello che Marco Pannella definisce «il salto nel buio delle elezioni». Il presidente del Consiglio sa però che occorre comunque dare ai finiani la responsabilità della rottura e della; fine del governo e, la sfida al gruppo di "Futuro e Libertà" passa per uno stretto asse con Bossi divenuto ormai il custode della golden-share della maggioranza e dell'alleanza del centrodestra. Senza più l'argine di Claudio Scajola e la pazienza mediatoria di Aldo Brancher, Berlusconi si troverà domani ad affrontare un alleato che potrebbe mostrarsi pronto ad assecondarlo anche sul processo breve o su un altro nuovo "scudo" - la sentenza della Corte Costituzionale incombe - solo in cambio di alcune partite che stanno particolarmente a cuore ai leghisti.
A cominciare dai tempi certi della riforma federalista, passando perle candidature alle amministrative del prossimo anno, compresi i candidati a sindaco nei comuni di Torino, Milano e in molte altre città della Lombardia, del Veneto e dell'Emilia Romagna. Senza contare che la Lega vorrebbe tornare nuovamente in possesso del ministero dell'Agricoltura, spostando magari Galan alle Attività produttive. Non sarà un faccia a faccia facile, dunque, quello di domani sul lago Maggiore.
Le richieste del Senatùr sono onerose e la trattativa sarà serrata. Più che al valzer delle poltrone che ancora mancano, Consob in testa, il Carroccio sembra in particolare interessato ad avere dal Cavaliere il via libera per l'assalto ad una fetta consistente del sistema bancario. L'intenzione del capo della Lega è quella di piazzare suoi uomini nella fondazione Cariverona, istituto di credito tra gli azionisti più importanti di Unicredit. La banca sulla quale ha deciso di investire in maniera consistente il Colonnello libico Gheddafi che - casualmente tra qualche giorno, a Roma, incontrerà Berlusconi.
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