Bambini stranieri, un verdetto "esemplare" (per la sua cattiveria)

Lui albanese, senza permesso di soggiorno. Lei, sua moglie, immigrata "regolare" in attesa della cittadinanza italiana. I due figli in età scolare, ben integrati a Busto Arsizio dove vorrebbero continuare a vivere con padre e madre nonostante la situazione "irregolare" del primo. Fino a ieri pensavano di averne diritto: una sentenza di Cassazione aveva infatti introdotto il principio secondo cui la frequentazione della scuola da parte dei minori era motivo sufficiente per sospendere l'espulsione di un genitore "clandestino". Ma un nuovo verdetto della Suprema Corte ha ribaltato le cose. Tolleranza zero, il papà va cacciato perché la scuola non può più essere un motivo «straordinario» per usare tolleranza nei confronti degli immigrati irregolari.Diversamente, scrive, si «finirebbe col legittimare l'inserimento di famiglie di stranieri strumentalizzando
l'infanzia».
La Cassazione (relatore Maria Rosaria Cultrera), nell'intimare ai clandestini con figli in età scolare di andarsene, specifica che sull'esigenza scolastica deve prevalere la «tutela delle frontiere». La «voluntas legìs» - scrivono i magistrati - «subordina la necessità di garantire al minore che il suo ordinario processo educativo, formativo o scolastico, si realizzi con l'assistenza del genitore che merita invece di essere allontanato dal territorio italiano al più generale interesse della tutela delle frontiere, che si esprime nelle esigenze di ordine pubblico che convalidano il decreto di espulsione». Quanto alla precedente pronuncia che aveva dato l'ok agli irregolari a rimanere nel nostro Paese per stare con i figli in età scolare, i giudici prendono le distanze scrivendo che quel tipo di lettura è «riduttiva» in quanto «orientata alla sola salvaguardia delle esigenze del minore, omettendone l'inquadramento sistematico nel complessivo impianto normativo alla cui voluntas non risulta attribuita alcuna rilevanza ermeneutica benché l'intenzione del legislatore funga da criterio comprimario nella ricostruzione della mens legis».
Al di là della performance letteraria della Suprema Corte, decisamente incomprensibile ai più, il verdetto segna una evidente dissociazione se non dalla norma sicuramente dal buonsenso e dallo spirito di umanità. Non si capisce davvero per quale motivo la legge debba separare una famiglia per due terzi "regolare" (moglie e figli) o imporle di trasferirsi in blocco all'estero, anche considerando che - a lume di naso - uno straniero che conduce la famiglia con sé e che manda i figli a scuola tendenzialmente punta all'integrazione e a un rapporto corretto con il Paese che lo ospita.
Il verdetto ha ovviamente provocato reazioni a catena nel mondo politico, ma non solo. Secondo Roberto Salvan, direttore dell'Unicef Italia, molte norme su immigrazioni e minori, a partire dal pacchetto sicurezza «mettono ulteriormente in difficoltà chi deve decidere. Le regole sono contraddittorie, tutto ciò produce ulteriore lavoro per i giudici». Fra l'altro, «nel passato la stessa Cassazione si era espressa diversamente e l'attuale sentenza non chiarisce le cose. Ogni caso va visto a sé». Tuttavia, Salvan esprime «preoccupazione» per il caso in questione: «non va sottovalutato il fatto che i i bambini di Busto Arsizio direttamente coinvolti riceveranno comunque un contraccolpo negativo dall'allontanamento del padre».
Anche l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay, è rimasto sconcertato ma ammette di aver ricevuto ampie rassicurazioni dal ministro degli Esteri Frattini riguardo la protezione e la tutela dei figli di immigrati. «Essendo un ex giudice tendo a non commentare una sentenza prima di averla letta», ha detto, ma «esiste una giurisprudenza internazionale sui diritti e la protezione dell'infanzia che deve essere rispettata, e Franco Frattini mi ha dato la garanzia dell`impegno dell'Italia in questo senso».
Esulta, ovviamente, la Lega. Secondo il ministro Roberto Calderoli la Corte di Cassazione con questa sentenza ha ristabilito lo stato di diritto in questo Paese». Citando uno dei capitoli più contestati del pacchetto Maroni (quello che contiene il reato di immigrazione clandestina) Calderoli ha contestato la definizione di "presidi-spia" invitando anche le scuole a «rispettare le regole». Insomma, adulti o minori che siano, «se si entra nel nostro Paese senza averne i titoli si va incontro all'espulsione». Sulla stessa linea anche il vicesindaco di Milano Riccardo De Corato, che peraltro non ha fatto che ribadire una posizione già espressa molte volte in passato. Più sorprendente il placet del ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini secondo cui se è vero che le colpe dei genitori non ricadono sui figli, sospendere l'espulsione di un padre clandestino significherebbe darla vinta «a chi strumentalizza i figli per sanare situazioni di illegalità». E stupisce anche il cattolico Carlo Giovanardi, sottosegretario con delega alle Politiche famigliari: pure lui è daccordo con la sentenza perché «se passasse il principio, come è stato richiesto per ilcaso in questione, che l'espulsione del padre può provocare un calo del rendimento scolastico del minore sarebbe devastante e inaccettabile».
Così, dice Giovanardi, si avallerebbe il «paradosso» secondo cui «solo in Italia può esserci il sano sviluppo psicofisico del minore». Mentre al contrario, par di capire, espellere un bambino a metà dell'anno scolastico e obbligarlo a rientrare con la sua famiglia in un Paese di cui, magari, non conosce bene neanche la lingua, è irrilevante per la sua crescita e per il suo equilibrio.
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