Balduzzi ha già pronto il ricorso alla Grand Chambre

Il ministro della Salute Balduzzi ha annunciato che proporrà al consiglio dei ministri di impugnare la sentenza della Corte europea di Strasburgo che martedì ha dichiarato contraria alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la legge 40 sulla fecondazione assistita.
Quali conseguenze può avere un ricorso dell'esecutivo alla Grand Chambre? Cosa significa? Di fatto per la coppia portatrice di una grave malattia ereditaria che si è appellata alla Corte europea dei diritti dell'uomo chiedendo di poter avere accesso alla fecondazione assistita con diagnosi preimpianto pur essendo fertile, non si apriranno le porte dell'ospedale a breve. Perché questo avvenga, infatti, servono nuove linee guida della legge 40 emanate per decreto ministeriale o una modifica in parlamento della stessa legge.
Le sentenze della Corte europea di Strasburgo e del suo secondo grado, la Grand Chambre (organismo di 17 giudici), infatti sono «per gli Stati», li indirizzano a cambiare le leggi in Parlamento, non sono «per i singoli». Automaticamente esecutivo, salvo un pronunciamento opposto in secondo grado, è solo il risarcimento economico che i sette giudici di Strasburgo martedì hanno fissato in 15mila euro per danni morali e 2500 di spese legali. Ciò non toglie nulla al peso politico di un ricorso del governo: facendolo l'esecutivo impedisce che entri già oggi nell'agenda del Parlamento una modifica della legge 40 nel punto che Strasburgo martedì ha trovato incompatibile con il diritto a una vita famigliare senza ingerenze esterne, cioè il divieto di diagnosi preimpianto.
Il governo, ha fatto sapere ieri Balduzzi ai microfoni di Radio Vaticana, vuole una «parola più chiara» da una Corte europea, su alcuni «passaggi che possono dare luogo a interpretazioni anche molto preoccupanti» della sentenza di Strasburgo. Significa che il ministro dà una sponda ai cattolici pro life che vedono nella possibilità di scegliere e impiantare il solo embrione sano, una «deriva eugenetica». Argomento al quale il mondo laico replica, tra l'altro, affermando che allora può considerarsi eugenetica anche la ricerca contro le malattie ereditarie. C'è il rischio che un eventuale ricorso di Palazzo Chigi alla Gran Chambre sia un autogol e un azzardo, visto che in primo grado la Corte si è pronunciata a favore dei ricorrenti all'unanimità e senza dibattimento: solo vagliando le carte. Tuttavia seppure il secondo grado dovesse confermare la sentenza dei sette giudici della Corte europea a favore della coppia, il calvario dei due non sarebbe finito: non potranno accedere alle cure senza una riscrittura in Parlamento della legge 40. E la pena per gli Stati inadempienti, in questi casi, consiste solo nei richiami, nelle pressioni, del comitato dei ministri del Consiglio d'Europa.
Nel frattempo le porte dell'ospedale resterebbero chiuse per la coppia che però può sempre rivolgersi alla Corte Costituzionale sperando in una sentenza di incostituzionalità della legge 40 (che arriverà solo dopo un pronunciamento della Grand Chambre). Gli avvocati dell'associazione Luca Coscioni sono già pronti a intraprendere questa strada, sempre percorribile, anche nel caso in cui in appello la corte europea di Strasburgo dia ragione al governo italiano accogliendone un eventuale ricorso. In genere la Grand Chambre si pronuncia in sei mesi. Con la sentenza europea definitiva, concretamente, la coppia otterrà il risarcimento e l'appoggio di una corte internazionale a difesa dei diritti. Ma la via per il cambio della legge in Parlamento è tutta in salita e di certo non sarà percorsa durante questa legislatura.
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