"Autonomia". I lombardi alla nuova crociata

Dalla Rassegna stampa

 

Milano, palazzo Pirelli. Sono passate da poco le 10 del mattino quando tre squilli avvisano che è aperta la seduta. Inizia presto la giornata lavorativa per i nuovi consiglieri regionali della Lombardia. Non una mattina qualsiasi, ma il giorno dell’insediamento. Un happening di quelli che rimangono scolpiti nella memoria. E al Pirellone, un po’di atmosfera delle grandi occasioni si respira davvero. Esaurite le tribune destinate al pubblico (solo 90 i posti disponibili e molte persone sprovviste di invito hanno dovuto fare a malincuore dietro front), gremita la sala stampa, in ogni dove capannelli di persone a parlare e a scambiarsi commenti e saluti. C’è stato persino il tempo per una piccola contestazione, quella dei radicali, che dopo un sit-in di fronte all’ingresso degli uffici del Consiglio in via Filzi, hanno inscenato in Aula, con Marco Cappato, una blanda protesta su una presunta illegittimità dell’Assemblea in corso a causa del cosiddetto "caos liste". L’ex parlamentare europeo della Lista Bonino è stato subito preso di peso e accompagnato fuori dai commessi.
Il Consiglio, riunitosi come seggio elettorale, ha rapidamente espletato il suo compito. Proclamati gli 80
nuovi componenti dell’Assise, ha eletto il presidente del Consiglio, il leghista Davide Borri (passato al quarto scrutinio il primo a non imporre i 2/3 dell’Assemblea, ma la maggioranza semplice), i suoi vice, Franco Nicoli Cristiani (Pdl) e Filippo Penati (Pd), e i segretari Massimo Ponzoni (Pdl) e Carlo Spreafico (Pd).
Fra i neo-parlamentari lombardi chiamati a rappresentare i cittadini in questa che ormai tutti definiscono una "legislatura costituente", in quanto sarà quella che vedrà finalmente applicato il federalismo fiscale, molta emozione. Facce un po’ tese e vestiti scuri d’ordinanza per gli esordienti, più rilassato il look dei ‘veterani". La giornata inaugurale ha anche visto un’inedita distinzione dei consiglieri. Al verde delle pochette e delle cravatte dei rappresentanti del Carroccio, il Pd ha voluto contrapporre una coccarda tricolore, come segno di protesta contro i "secessionisti" padani. Un tentativo di visibilità che non ha sortito l’effetto sperato, visto che tv e giornali erano tutti per gli uomini di Bossi. Non solo perché sono il gruppo più numeroso e compatto, ma anche perché è composto da persone che nei loro territori hanno già dato prova di saper fare. E questo conta molto più di tutto il resto. A differenza dei democrat che voto dopo voto continuano ad essere puniti proprio dalla loro "base". Persino in quelle che un tempo ritenevano essere delle roccaforti.

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