Attualità dell'idea risorgimentale

Dalla Rassegna stampa

L'attualità della spinta liberale e libertaria, che ci viene dal Risorgimento italiano, è sotto i nostri occhi. Ed è un fatto di una evidenza illuminante. Forse abbagliante. Basterebbe poco per rendersene conto. Invece, gran parte della nostra classe dirigente (e politica) preferisce non guardare o bendarsi gli occhi. C'è chi sceglie di voltarsi dall'altra parte o, peggio, chi ha deciso di indossare gli occhiali da sole per non farsi infastidire dall'evidenza e dalla chiarezza di cotanta attualità. Qualcuno, poi, preferisce addirittura coprire lo specchio, rappresentato dall'anniversario del 17 marzo, nascondendo il riflesso della propria immagine sotto uno spesso velo di ipocrisia. Forse nell'illusione che, così facendo, la partitocrazia imperante riuscirà ad evitare di guardarsi dentro e fare i conti con la propria coscienza. Ma è un'illusione. Non si fugge da se stessi. Lo ripete spesso Marco Pannella: «Dopo i trent'anni, ciascuno ha la faccia che si merita». E così, per la ricorrenza dell'Unità d'Italia, c'è chi preferisce la misera tattica propagandistica e di posizione. Senza gettare mai il cuore oltre l'ostacolo. Senza più idee né ideali. Ma, così facendo, l'anniversario per i 150 anni dell'Unità d'Italia si svuota di contenuti e perde la sua forma, il suo significato. Non si tratta, infatti, di rispolverare vecchie retoriche passatiste, ma esattamente del contrario, cioè di ritrovare una memoria la quale, proprio in quanto tale, vive nel presente politico e culturale del nostro tempo imponendoci una responsabilità nell'oggi.
 
Certo, le cose cambiano, mutano le condizioni e i condizionamenti. Eppure, sarebbe assai stolto ridurre la concretezza e la forza delle idee risorgimentali di libertà e di uguaglianza ad un'astratta e mera ricorrenza. Dopo 150 anni, per esempio, sarebbe un errore fatale innalzare le bandiere italiane senza alzare, contemporaneamente, la bandiera della patria europea. Sarebbe di corto respiro intonare l'inno nazionale senza ascoltare, almeno nel proprio cuore, l'inno dell'Europa. Anche se lo hanno tolto. Il sogno e gli ideali del nostro Risorgimento, infatti, si sono alimentati di entrambe queste due aspirazioni, fino al punto da farne un solo anelito di libertà e di fratellanza. Non a caso, Giuseppe Mazzini, con la Giovine Italia prima e la Giovine Europa dopo, può rappresentare la migliore bussola per comprendere la cultura e le spinte politiche che caratterizzarono i moti rivoluzionari dell'ottocento: da Nicola Ricciotti e i fratelli Bandiera fino alla spedizione dei mille di Giuseppe Garibaldi. E anche dopo. Fino al 20 settembre 1870, alla breccia di Porta Pia e alla proclamazione di Roma capitale. A tal proposito, è forse utile rammentare, proprio in virtù di un'attualità che non può essere sottesa, che l'Unità d'Italia fu possibile grazie alla convergenza di aspirazioni, interessi e intenti delle diverse forze che caratterizzarono il nostro Risorgimento: dalle idee liberali della destra storica agli ideali mazziniani, dalla monarchia laica e riformatrice all'azione di Garibaldi, dai cattolici liberali ai più disparati spiriti laici, riformatori, libertari, repubblicani e federalisti. Senza la comune matrice ideale, patriottica ed europea, non sarebbe stato possibile realizzare un così grande sogno di libertà. Neppure nel clima fervido e rivoluzionario dell'ottocento. E qui arriva il punto cruciale capace di mostrarci l'accecante attualità politica dell'anniversario in corso. Infatti, oggi, sembra che la politica italiana e quella europea abbiano perso troppo terreno rispetto all'avanzare delle spinte anti-risorgimentali e anti-europee. Sembrerebbe di assistere a un ritorno indietro, a una sconfitta storica delle forze eredi della cultura risorgimentale, a tutto vantaggio dei poteri conservatori e reazionari. Mancano le idee. La concretezza di un orizzonte ideale, del resto, può essere data soltanto dal nutrimento del pensiero, dalla circolazione delle idee, dalla possibilità di conoscenza, dall'arricchimento del sapere, dall'elaborazione di un progetto, di una proposta, di una prospettiva sociale, economica e istituzionale. Invece, il combinato disposto tra l'attuale aridità dì contenuti politici e il vuoto di idee ha depauperato profondamente il terreno su cui si dovrebbe svolgere l'azione politica delle forze in campo e, di conseguenza, senza più l'humus delle idee e del dialogo, senza più l'alimento del pensiero che si fa azione, sul campo politico hanno attecchito gli immobilismi partitocratici dell'anti-politica e del potere fine a se stesso. A questo punto, allora, per onorare al meglio l'anniversario dell'Unità d'Italia, bisognerebbe che le forze eredi del Risorgimento riscoprissero la loro missione realizzando un "altro" terreno di incontro, dove le idee possano incontrarsi e dialogare. Servirebbe, insomma, comporre un "altro" terreno rispetto allo sterile e infruttuoso campo partitocratico del "monopartitismo imperfetto". Il Potere che domina il Palazzo, infatti, è trasversalmente unito a mantenere lo status quo, a salvaguardare i propri privilegi, le poltrone, le false posizioni di centro, di destra e di sinistra. C'è da costruire, al contrario, un'alterità, opposta alle vecchie posizioni ideologiche e trasformarla in un terreno fertile così da poter coltivare le idee per il futuro. Perché sono le idee che muovono il mondo, non il possesso di una postazione che porta inevitabilmente all'immobilismo, all'avidità, al cinismo, alla cupidigia. Proprio per questa ragione, oggi, la storia del Risorgimento italiano sta lì, davanti ai nostri occhi, come un monito: per dimostrarlo e per ricordarcelo. Da 150 anni esatti. Davvero, auguri e avanti, Italia unificata!

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