Attacchi e colpi bassi non hanno spento il sorriso di Renata

Dalla Rassegna stampa

Una vittoria contro tutto e contro tutti. Contro le beffe degli avversari, contro lo scetticismo dei suoi. Perfino contro i numeri, che l’hanno data indietro per tutto il giorno, prima che le province più lontane (Latina, Frosinone, Viterbo) permettessero il sorpasso quando la mezzanotte si avvicinava. A Roma infatti il dato è sempre stato a favore della sua avversaria Emma Bonino. Ma nel comitato di via Imbriani, al quartiere Flaminio, l’atmosfera era già cambiata da qualche ora, da quando le proiezioni, ma soprattutto
gli insider nelle sezioni più periferiche, trasmettevano i dati che trasformavano il broncio in un sorriso.
Poi la decisione di rompere gli indugi e di andare tutti a piazza del Popolo a pregustare la festa della vitto ria.
Il comitato, dove per tutta la giornata si sono alternati il ministro della Gioventù Giorgia Meloni, il sottosegretario alla Funzione pubblica e coordinatore della campagna elettorale Andrea Augello, i parlamentari Fabio Rampelli e Domenico Gramazio, il coordinatore regionale del Pdl Vincenzo Piso, l’eurodeputata Roberta Angelilli, la portavoce del comitato Beatrice Lorenzin e l’assessore capitolino alla Mobilità Sergio Marchi, si è svuotato rapidamente e la piazza del centro si è riempita di giornalisti, simpatizzanti ed esponenti politici. In piazza anche il sindaco Gianni Alemanno. Bisogna dare atto a Renata di aver sorriso sempre, in questa lunga campagna elettorale più piena di colpi di scena e di toghe di un legal thriller di Grisham. Un sorriso da più parti (anche da qualcuno del centrosinistra) considerato incosciente nelle settimane più dure, quelle in cui la sindacalista veniva considerata un agnello sacrificale, quella in cui collezionava gaffe (l’uscita sulle coppie di fatto, la domenica in Curva Nord a calvalcioni di un muretto tra ultras con il braccio levato nel saluto romano), quelle in cui per qualche giorno non era più
nemmeno candidata, essendo il suo listino dapprima escluso e poi riammesso, quelle in cui ha dovuto digerire perfino l’esclusione del primo partito della sua coalizione, dolore più volte rinnovato dagli otto ricorsi respinti.
Fino all’ultimo Polverini ha dovuto combattere anche con le scorrettezze dell’avversaria, che ancora sabato, giorno di silenzio elettorale, interveniva dalla radio amica, Radio Radicale. Anche domenica, al voto nella sezione del suo quartiere San Saba, l’ex sindacalista dell’Ugl prestata alla politica aveva l’aria di chi sentiva vicino il trionfo. L’aria serena e scanzonata di chi vedeva vicina la linea del traguardo. Il trionfo di Renata è molto più grosso del pugno di voti in più rispetto a Emma Bonino che l’ha portata alla Pisana, prima donna alla guida di una delle regioni più importanti in Italia (ma questo era un primato largamente previsto). Lo dimostra il successo della sua lista civica, che approfittando dell’assenza del Pdl si è issato al primo posto tra i partiti regionali, con un dato che ieri sera sfiorava il 28 per cento, più
addirittura del Pd. E perché i suoi voti sono superiori anche alla somma dei voti conquistati dai partiti che la sostenevano: dopo la lista civica, il Pdl (che si presentava solo a Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo) all’8 per cento, l’Udc di poco sopra al 5 e La Destra attorno al 4.
La vittoria di Polverini ha anche qualche risvolto preoccupante per il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Lo sottolinea il leader della Destra Francesco Storace, che dapprima evidenzia come «nonostante la censura mediatica e il linciaggio della sinistra, contribuiamo con i voti conquistati uno a uno dai nostri militanti alla grande performance di Renata Polverini», ma poi sottolinea che «a Roma siamo addirittura sopra l’Udc, Alemanno dovrà riflettere sul dato profondamente diverso tra la capitale e la sua provincia».

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