Assistette a un pestaggio, detenuto muore in cella

Era stato il testimone di un presunto pestaggio avvenuto a settembre nel carcere di Castrogno, a Teramo. Il «negro», come lo chiamava Giovanni Luzi, il comandante delle agenti penitenziari preoccupato dal fatto che aveva visto tutto e che, con la sua testimonianza, avrebbe potuto provocare una rivolta tra gli altri detenuti. Venerdì scorso Uroma Emeka, 32 anni, nigeriano, è morto improvvisamente dopo essersi sentito male mentre era al telefono con la moglie. L`autopsia, disposta dalla procura di Teramo per fare chiarezza sulla sua morte, ha stabilito ieri che le cause del decesso sono naturali. Emeka, che stava scontando una condanna a due anni per spaccio di droga, è stato ucciso da un tumore al cervello, un`ernia cerebrale che avrebbe esercitato una compressione fatale. Un risultato che se sgombera il campo da possibili sospetti, non spiega però perché l`uomo si trovasse ancora rinchiuso a Teramo visto il suo ruolo di testimone scomodo e visto le sue condizioni di salute che avrebbero consigliato il ricovero in una struttura ospedaliera. Anche perché in passato, stando anche alle testimonianza degli stessi agenti di custodia, Emeka su sarebbe lamentato per i dolori e sarebbe svenuto sotto la doccia. E infatti, nonostante i risultati dell`autopsia, ieri sera la procura ha fatto sapere di non considerare affatto chiusa l`inchiesta e di voler fare chiarezza sull`indifferenza che ha circondato le ultime ore di Emeka. Sarebbero passate infatti 5 ore da quando l`uomo si è sentito male a quando è stato trasferito in ospedale. Un punto sul quale si dice d`accordo anche Luigi Manconi, ex sottosegretario alla Giustizia e presidente dell`associazione «A buon diritto». La sua morte morte - ha commentato ieri Manconi - dimostra lo stato d`abbandono terapeutico` in cui versava Emeka e nel quale versa l`intero sistema penitenziario italiano». La vicenda che ha visto Emeka protagonista risale al 22 dicembre scorso, giorno cui nel carcere abruzzese un detenuto sarebbe stato «punito» dagli agenti di custodia. Un pestaggio che il comandante degli agenti, Giovanni Luzi, avrebbe criticato durante una riunione con i suoi uomini non perché un atto di violenza illegale, bensì solo perché sarebbe stato eseguito di fronte a tutti gli altri detenuti. «In sezione non si può massacrare un detenuto, si va sotto», disse . «Si è rischiata la rivolta perché c`era il negro che aveva visto tutto». Parole registrate di nascosto da un agente, che poi le inviò alla redazione di un giornale locale La Città. Per quel discorso nelle settimane successive Luzi è stato sospeso dal ministro ella Giustizia Angelino Alfano. Al di là del presunto pestaggio, sono più i generale le condizioni del carcere di Castrogno a sollevare preoccupazione. L`istituto è infatti sovraffollato, con 400 detenuti invece dei 230 previsti, e con un numero di agenti ritenuto insufficiente rispetto alle esigenze: 155 agenti in sei vizio invece di 203. Più della metà dei detenuti, inoltre, è malata, molti sono tossicodipendenti e con patologie psichiatriche. Una realtà particolarmente difficile, sulla quale adesso pesa anche la morte di Emeka e che, secondo la deputata Radicale-Pd Rita Bernardini, sarebbe completamente ignorata dal ministro Alfano. «Sarebbe utile sapere perché il ministro non risponde alle interrogazioni che abbiamo presentato proprio sul carcere di Teramo», accusa Bernardini. «Il ragazzo nigeriano morto era tossicodipendente, depresso e perciò fortemente vulnerabile; soprattutto, aveva la grande colpa di avere ancora gli occhi per vedere ciò che non avrebbe dovuto vedere. Ma sarebbe stata giusto e opportuno non tenerlo i quel carcere». Sulla necessità di trasferire Emeka si dice d`accordo anche il presidente di Antigone Patrizio Gonnella, mentre anche il senatore del Pd Francesco Ferrante invita il ministro Alfano ad aprire un`inchiesta per agevolare le indagini della procura di Teramo.
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