Asia Bibi, congelata la grazia: ora il processo

Dalla Rassegna stampa

Grazia presidenziale al momento "congelata" per Asia Bibi e processo d’appello che sembra sempre più vicino. Sul cui avvio i giudici dovrebbero pronunciarsi il 6 dicembre.
 
 Ieri, a seguito alla petizione di alcuni avvocati che hanno chiesto il rispetto delle procedure per arrivare a un atto presidenziale, l’AltaCorte di Lahore ha emanato un provvedimento di sospensione della condanna e ha notificato gli esiti dell’istanza agli uffici presidenziali federale e provinciale del Punjab, provincia di residenza e di carcerazione di Asia Bibi, di cui Lahore è capoluogo. La grazia può essere concessa, vi si afferma, solo a completamento dei tre gradi di giudizio. Gli avvocati di Asia Bibi attendono, a questo punto, la data della prima udienza del nuovo processo. Nessuna scorciatoia, quindi per giungere a una assoluzione piena che si spera alla fine premierà le attese della famiglia e l’impegno di tanti a favore della donna in carcere da un anno e mezzo. Un eventuale provvedimento di grazia potrebbe essere successivo a una nuova condanna, anche se la dura opposizione dei radicali musulmani associati a quella degli avvocati del foro di Lahore non potrà passare in secondo piano per il presidente Asif Ali Zardari che su di sé ha anche la pressione internazionale.
 
 Nuove indagini e un nuovo processo è quanto chiedono da tempo i cristiani pachistani e i gruppi che si battono per i diritti umani. Obiettivo, quello di dimostrare, insieme all’innocenza di Asia Bibi, anche l’ingiustizia di procedimenti basati per lo più su accuse non sostenute da prove e sovente alimentate da interessi di ben altra natura che la difesa della fede islamica. A dimostrarlo le dichiarazioni di monsignor Sebastian Shaw, vescovo ausiliare di Lahore rilasciate all’agenzia Fides: «Siamo favorevoli al processo perché vogliamo che Asia sia dichiarata innocente una volta per tutte, senza alcuna macchia e senza ambiguità. Perché vogliamo disinnescare le polemiche sollevate dagli estremisti islamici e depotenziare le loro sollevazioni popolari. Continuiamo a seguire il caso e a registrare i consensi e la simpatia di larghi settori della società civile, inclusi molti musulmani».
 
 A incoraggiare la Chiesa pachistana nel suo cammino per il dialogo e la giustizia è stata anche la recente visita del cardinale Jean Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. «Ringraziamo il Papa per aver inviato il cardinale Tauran a vedere da vicino la nostra situazione e ad ascoltare i nostri problemi, con grande partecipazione», ha riferito monsignor Shaw. La pace, tuttavia, resta lontana. I cristiani continuano infatti ad essere sotto pressione. A Karachi, maggiore metropoli del paese, il matrimonio fra un giovane cristiano e una coetanea musulmana è stato il pretesto per atti intimidatori e tensioni alimentati da estremisti musulmani, mentre si è saputo ieri che a quasi un mese dall’aggressione restano precarie le condizioni di un 19enne protestante del Punjab incarcerato in attesa di giudizio per blasfemia e lapidato dai compagni di cella.

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