Art. 18, il ddl Beltrandi è coraggioso e farebbe tornare investimenti esteri

Dalla Rassegna stampa

Già da tempo, in Italia, il licenziamento non è uguale per tutti. Diverse sono, infatti, a seconda delle dimensioni dell'azienda, le conseguenze in caso di mancanza di «giusta causa» (un comportamento gravissimo come il furto) e «giustificato motivo» (una ragione meno grave, relativa al comportamento del lavoratore ovvero di natura economica ed organizzativa).

Sin dal 1970, l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, prevede sì la conseguenza della reintegrazione, ovvero, a scelta del lavoratore (non dell'azienda), del pagamento di una indennità sostitutiva di 15 mensilità, oltre al risarcimento del danno, ma solo per le grandi unità produttive. Per quelle cioè che occupino, in sé considerate ovvero in aggregato con altre unità del medesimo comune, più di 15 dipendenti (cosiddetti «full time equivalent»), o costituiscano articolazione di aziende con più di 60 dipendenti complessivi.

Per le piccole unità, invece, la tutela cosiddetta «reale» non vale e il licenziamento è per anni stato ad nutuum, e cioè senza obbligo di motivazione.

Solo nel 1990 è stata introdotta la cosiddetta tutela obbligatoria (prevista dalla «vecchia» legge 604/1966), secondo cui, peraltro, è il datore di lavoro a poter scegliere, in caso di licenziamento illegittimo, se riassumere ex novo il lavoratore o, ed è scelta scontata, corrispondergli semplicemente una indennità che varia da 2,5 a 10 mensilità a seconda dei casi. Il disegno di legge presentato dall'onorevole Marco Beltrandi, raccogliendo la proposta dell'ingegner Giuseppe Parenti (si veda Italia Oggi del 26 Ottobre), è davvero molto semplice, e questa è già una prima qualità, non comune nel panorama del diritto del lavoro italiano.

Si tratta di modificare, in via sperimentale e per un triennio, solo la soglia che delinea il perimetro tra l'ambito di applicazione delle due differenti tutele, reale e obbligatoria: quella soglia, fissata più di 40 anni or sono a 15 dipendenti, dovrebbe oggi semplicemente essere aggiornata a 30; da approfondire se con effetto retroattivo o, come sembrerebbe preferibile, solo per le società attualmente in regime di tutela obbligatoria.

Ora, basta pensare all'evoluzione dei tempi e dare un'occhiata alla composizione del panorama imprenditoriale italiano per avvedersi da un lato del buon senso della proposta e dall'altro della potenziale immediata ricaduta positiva della stessa in termini di crescita delle tante piccole imprese bloccate proprio sulla fatidica soglia, e dunque di probabile immediata creazione di posti di lavoro.

Ulteriore punto di merito è certamente quello del coraggio: si tratterebbe di un intervento semplice ma concreto, di fronte alle domande, altrettanto concrete, della Bce e degli investitori internazionali. Cui sino ad oggi si sono date, invece, risposte fumose e non congruenti.

Che la cosiddetta contrattazione di prossimità, e cioè la contrattazione collettiva decentrata possa davvero risolvere, e in tempi brevi, il problema strutturale della eccessiva rigidità della disciplina dei licenziamenti, contribuendo a ridare slancio al paese, non può seriamente crederlo nessuno. E certamente non lo hanno creduto, neppure per un momento, alla Bce, che difatti ha continuato a chiedere, con toni e modi sempre più perentori per non dire irritati, interventi seri anche a questo riguardo. Interventi che sono, tra l'altro, proprio ieri stati espressamente promessi.

Certo, la risposta attesa, completa e soddisfacente, sarebbe un'altra e di carattere più completo ma, come si dice: «il meglio è nemico del bene» e davvero non sembra che l'adozione di questa misura parziale possa costituire, in prospettiva, ostacolo ad interventi più strutturali, per i quali sembrerebbe doveroso recuperare l'unico articolato ed organico disegno di legge che pende da anni in Parlamento ed ha già raccolto ampi consensi in sedi ed ambienti molto diversi.

Perché non accontentarsi, nel frattempo, di aiutare la crescita delle piccole e medie imprese italiane, rimuovendo il più forte deterrente alla loro crescita, incentivando al contempo i nuovi investimenti stranieri?

© 2011 Italia Oggi. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK

Ti potrebbe interessare anche:

Lettera aperta a Cgil, Cisl e Uil Oggi, all'incontro “Lavoro, visioni a confronto: i candidati sindaco rispondono alle domande di Cgil, Cisl e Uil” avete scelto di non ascoltare le nostre risposte. Non ci avete invitato, ma ci siamo, noi Radicali, siamo fuori con Marco Cappato, anche...
Dichiarazione di Valerio Federico e Alessio Di Carlo, rispettivamente tesoriere e membro della giunta di Radicali Italiani: "Le forze politiche di ogni schieramento non hanno perso l'occasione di approvare alla Camera un provvedimento illiberale che cancell la facoltà per gli esercizi...
Dichiarazione di Marco Cappato, Presidente del Gruppo Radicale - federalista europeo al Comune di Milano, ai margini del Comitato nazionale di Radicali italiani:"Tagliare le tasse sulle imprese fa riprendere l'economia e riduce l'evasione. Tagliare le tasse sulla casa, molto meno. Ma rende più voti...