Ankara cede alla Ue Bashir resta a casa

Il presidente sudanese Omar Hassan el-Bashir ieri non ha preso l’aereo che doveva portarlo ad Istanbul. Pressato dall’Unione Europea e dall’opinione pubblica il primo ministro turco Erdogan ha capito che sarebbe stato un grave errore accogliere un dittatore ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. E così sabato notte, nonostante la sua nota riluttanza a cambiare idea, ha fatto arrivare un messaggio informale a Khartoum che suonava più o meno così: «Se il presidente vuole venire noi lo accoglieremo ma se non si presenta è meglio». E Bashir è restato a casa.
Ieri ad Ankara si respirava un clima da scampato pericolo: «Abbiamo saputo che non viene», la risposta di prassi negli ambienti governativi. I turchi sono ancora convinti di essere tecnicamente nel giusto perché Bashir era invitato al vertice dell’Organizzazione della Conferenza islamica e non ad un incontro bilaterale, ma da un punto di vista morale sono stati travolti dalle critiche anche all’interno del Paese. «Come? — è stata la domanda ricorrente sui giornali del Paese — Ci indigniamo per il comportamento degli israeliani a Gaza e poi quando si tratta di un musulmano chiudiamo gli occhi?».
Un’accusa intollerabile per Erdogan che, ieri mattina, ha dettato parole di fuoco all’agenzia di stampa Anatolia difendendo l’indifendibile: «I leader mondiali che ci criticano sono stati in Darfur? Le loro informazioni si basano solo sul sentito dire. Io, invece, ci sono andato. Non è possibile che un musulmano commetta un genocidio. Mi sento più a mio agio a parlare con il presidente sudanese che con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu».
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