Le amnesie del fisco sulle richieste di dati

Dalla Rassegna stampa

Un’agenda fitta, fittissima. Tra elenchi, modelli, comunicazioni: tutti con una propria scadenza. Il fisco chiede (sempre di più) dati a operatori economici e professionisti. Il fine giustifica i mezzi, si dirà. In questo caso, il fine è monitorare transazioni e scambi commerciali per ridurre i margini di evasione fiscale e frodi. Le cifre della Guardia di finanza sulle attività di contrasto al sommerso rivelano quanto sia ancora alta la tendenza ad aggirare le norme fiscali, soprattutto nelle operazioni con l’estero (frodi carosello o cartiere). Il fatto è che molto spesso i dati richiesti ai contribuenti rischiano di duplicarsi: sono sempre gli stessi. Non è il caso delle informazioni già inviate con le comunicazioni black list che (almeno) non dovranno essere nuovamente riproposte con lo spesometro. Ma le sovrapposizioni sono tante: ad esempio, ha davvero senso ripetere le informazioni già inviate con gli Intrastat per leblack list o per l’elenco clienti-fornitori? Lo Statuto del contribuente e chiaro a riguardo. Niente richieste se i dati sono già in possesso dell’amministrazione finanziaria. Insomma, bene la lotta all’evasione: ma il fine sia almeno allineato ai mezzi.

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