Ambizione radicale

Dalla Rassegna stampa

 

C’è la faccenda enorme degli indecisi, ovviamente. C’è la reazione ecclesiastica di ritorno, la mobilitazione sotterranea, la piazza azzurra che piove sulle regionali come un collante, l’alemanni ano colpo di reni. Ma se le urne confermassero quei cinque punti di vantaggio di Emma Bonino nel Lazio attribuiti dal sondaggio Ipsos-ilSole24ore, o anche soltanto il punto e mezzo del sondaggio Euromedia commissionato da Panorama, la notizia sarebbe da prima pagina del New York Times, forse anche da apertura di Al Jazeera. Una storica leader radicale alla guida della regione di Roma, il ventre molle del potere che cinge il contropotere d’Oltretevere, in collisione esplicita con il candidato della sinistra dopo un avvio di campagna all’insegna del basso profilo.
Al netto della strutturale imprevedibilità dell’urna, la voce che gira nei palazzi romani è che Emma ce la farà. Non soltanto grazie al grande pasticcio e alla conseguente esclusione della lista del Pdl, che certo è un’aggravante per il centrodestra, ma in virtù di un’immagine pubblica consolidata e alla sua carica esplicita di ideologia. Nessun infingimento per quel monolite politico che è Emma Bonino. Ma sotto l’epidermide elettorale, le molte domande che si aggirano sulla possibile affermazione radicale sono il riflesso in scala delle grandi domande sul futuro del centrosinistra a livello nazionale. Emma sarà capace di affrontare la "strana" sfida di governo? Sapranno i militanti reinventarsi manovratori delle leve di un potere che non si gestisce con minoritarie disidratazioni e principi astratti (buoni o cattivi che siano)? La consistenza della candidatura
Bonino stava tutta nell’occupazione di spazi lasciati vuoti da una classe dirigente romana ancora stordita dai montanti sul ring del Campidoglio, un abile gioco di contrasti e trampolini. Ma poi qualcosa è cambiato.
Quando dalle parti dei radicali è arrivata una colomba con un rametto d’ulivo nel becco, segno di una vittoria possibile, la sportività con l’amica-avversaria Renata Polverini si è dileguata ed è iniziata la guerra di Emma, un conflitto su due fronti in perfetto stile radicale. Da una parte, la corazzata della destra orchestrata dalla coppia Berlusconi-Alemanno («A volte ho la sensazione di non correre contro la Polverini, ma contro Alemanno o Berlusconi. È lui che guida la campagna elettorale. Questa scarsa autonomia dagli altri poteri non è un buon viatico per governare una Regione», ha detto all’inizio di questa settimana); sull’altro fronte, c’è la sua stessa coalizione in crisi d’identità.

Pazza idea di governo

Il paradosso radicale è tutto qui: partita come una fronda eretta a sistema - anche a causa di una classe dirigente Pd non pervenuta - la campagna della Bonino in Lazio è diventata il test per capire quanto e come il segmento radicale della sinistra possa avanzare pretese di governo, dentro e fuori dai confini regionali. Per questo si aggira nei palazzi una domanda più seria che faceta: se la Bonino conquistasse il Lazio, cosa le impedirebbe di candidarsi alla guida della sinistra nazionale? A confermare la suggestione è il deputato del Pdl Benedetto Della Vedova, che il mondo radicale lo conosce bene e nella lista Bonino è stato anche eletto all’Europarlamento. «Con questa campagna elettorale - dice a Tempi Della Vedova - Bonino gioca la carta alta per diventare uno dei leader in prospettiva della sinistra. Sta mettendo a frutto tutte le qualità e capacità maturate in questi anni. Si tratta naturalmente di una scelta di campo molto precisa, che articola le qualità personali con la capacità dei radicali di avere l’amalgama di un partito». L’aspetto fragile di un progetto di ampio respiro è forse una connotazione politica troppo esplicita, poco disposta al compromesso. «Io credo invece che il vantaggio de la sua candidatura sia proprio quello di
avere connotati politici molto forti. Meglio partire da un punto fermo che avere soltanto mezze idee con il pretesto di tenere tutti insieme. Per l’elettroencefalogramma piatto della sinistra la Bonino è un sussulto enorme». Della Vedova è tutt’altro che stupito dall’ipotesi di una Bonino leader della sinistra nazionale di domani e, anzi, rincara la dose: «Penso che se la Bonino dovesse vincere in Lazio con un certo margine, diventerebbe uno dei potenziali candidati di una sinistra intelligente e moderna. Sarebbe una scelta importante». Una scelta, che, aggiungono diverse fonti, solleverebbe la sinistra dall’irrisolta guerra correntizia fra ex Margherita e Ds, chiuderebbe la stagione del Pd postveltroniano e si mangerebbe in un boccone l’incompiuta creatura di Bersani. Certo, la chiarificazione ideologica avrebbe un costo in termini di numeri, ma costringerebbe tutti gli attori a scelte chiare e distinte, facendo emergere, forse, un’identità chiara.
Non si sa se Emma mediti nel suo cuore questi progetti, ma i tratti della sua campagna elettorale mostrano ragionamenti in prospettiva. Innanzitutto, il movimento a più velocità.

Il ritorno di Bettini
Emma ha cavalcato il caso del distributore di preservativi al Liceo Keplero di Roma, «una bellissima idea» che ha scatenato le critiche del vescovo ausiliario di Roma, il cardinale Agostino Vallini. Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, ha poi abbandonato la prudenza iniziale per andare esplicitamente al punto: «E noi che pure nessuno consideriamo interlocutore impossibile, ai politici radicali ragione non possiamo e non vogliamo dare. Se hanno davvero popolo, lo dimostrino».
Uno scontro emerso esplicitamente e raccolto, con segno opposto, da Renata Polverini, che - visto anche il ruolo strategico dell’Udc - sta passando le sue giornate più religiose dai tempi del collegio delle suore a Focene. La settimana scorsa ha risposto (in modo piuttosto vago) alle domandein un incontro pubblico organizzato dalla Compagnia delle Opere; domenica ha preso Messa a Montecassino, ha presenziato all’inaugurazione di una chiesa, ha incontrato la comunità Nuovi Orizzonti e ha concluso con una seconda Messa a Subiaco. Un’agenda che sembra disegnata apposta in modo speculare a quella ultralaica di Emma. Ma se il copione della lotta è rispettato, la candidata radicale ha tirato fuori conigli dal cilindro di governo.
Primo fra tutti il ritorno di Goffredo Bettini dopo quattro mesi di silenzio pubblico. Lui, padre del modello romano, sta spendendo tutta la sua esperienza al servizio del progetto di Emma, tanto da difenderla pubblicamente sul Riformista quando l’accenno di sciopero della fame aveva fatto mugugnare un pezzo di sinistra per nulla nostalgico dei minoritari metodi radicali.
Se da una parte Emma tuona nel dibattito televisivo con la Polverini contro l’invasività della politica in materia di sanità, dall’altra si mormora di importanti movimenti sottotraccia con i potentissimi costruttori romani, che teoricamente dovrebbero guardare con scetticismo la foga radicale ma in pratica si esercitano nell’arte dell’equidistanza. Emma alterna con grande duttilità stili e parole della sua campagna permanente e da quando ha avuto il primo sentore che portare a casa la Regione era un’impresa possibile, non si è risparmiata in nessun campo. Il bersaglio preferito è il sindaco Gianni Alemanno il più prezioso asset strategico nelle mani della Polverini e certificato da importanti amicizie al di là del Tevere. E chissà se Emma Bonino vedendo piazza San Giovanni piena di gente per quell’«imbarazzante» consesso a metà «fra Pontida e una prima comunione», si è chiesta se non fosse quel palco lungo il vero terreno della sua personale contesa politica.

 

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