"Altro che stadio, io vado in periferia". La Bonino presenta il suo programma

Andare allo stadio? «Francamente non l’ho previsto». Sorride, EmmaBonino, all’idea di farsi ritrarre, come l’avversaria, a cavalcioni sugli spalti dell’Olimpico. «Poi - aggiunge - ognuno fa campagna elettorale pensando a chi può convincere meglio, va dove ritiene che il suo messaggio possa passare meglio. Noi abbiamo fatto altre scelte: vedremo chi avrà più forza di persuasione». E nel giorno del lancio ufficiale del suo programma, in giacca fucsia come sui manifesti "Ti puoi fidare", spiega che da parte sua concentrerà i prossimi appuntamenti fra borgate e periferie, dove pensa alla «rottamazione» di interi quartieri per crearne di nuovi ecocompatibili.
Da ieri forte anche dello spot girato per lei da Francesca Archibugi (che la descrive come «una
figura luminosa, di cui ho grande fiducia»), presentando il programma avverte che «nessuno ci troverà tutto. È uno strumento agile, non volevo 300 pagine, ma nulla toglie in futuro all’autonomia
della politica». E come premessa ribadisce l’impegno a «un nuovo rapporto coi cittadini».
Partendo dalla trasparenza, cui sarà intitolato un assessorato, e dall’accessibilità di tutti i dati: «Non solo le anagrafi di eletti e nominati, mai rimborsi spese dei consiglieri, i dati sull’inquinamento, le liste d’attesa per gli asili, gli stipendi dei dirigenti». Sulla sanità, spiega che il primo obiettivo è «uscire dal commissariamento». Come? «Negozieremo due punti col governo. Primo, chiederemo che i trasferimenti alla Regione avvengano sulla base di un conteggio corretto della popolazione, che anche secondo il commissario governativo oggi è sottostimata di circa 400mila persone. Secondo, chiediamo di separare la spesa dei Policlinici per didattica e ricerca (ricordo che il Lazio sforna il 25% dei medici d’Italia) da quella per la sanità». Su queste basi il resto: l’impegno a separare l’assistenza sociale dai ricoveri ospedalieri creando vie alternative, dal medico di turno sabato e domenica all’infermiere scolastico e di quartiere. E quello «che tutti chiedono: strumenti di monitoraggio e controllo». A partire dall’albo dei dirigenti Asl, che renderà pubblici i curricula e sarà gestito da un ente terzo.
Delle 54 pagine di programma cita solo i passaggi chiave, dall’edilizia sociale al manifesto per le piccole e medie imprese, al turismo, «fattore chiave per sviluppo e lavoro, che non può voler dire solo manifatturiero». Ma su alcuni punti sceglie di fare chiarezza, come la sicurezza («quella che fa leva sull’integrazione, non solo sulla paura») e i rifiuti: «dobbiamo uscire dalla cultura della discarica, con la differenziata ferma al 12%». Sul sito che prenderà il posto di Malagrotta, ricorda che «individuarlo tocca al Campidoglio. Ma mandare in provincia tutto ciò che disturba Roma capitale, dai rom ad altre criticità, non ci pare accettabile». Infine, «ultime solo per ragioni alfabetiche», le politiche di welfare: «Nei servizi dev’essere chiaro che il nostro riferimento sono le persone. Non sta alla Regione dare giudizi di valore su come organizzano la propria vita affettiva. Non solo lo dice la Costituzione, ma è inaccettabile per un’amministrazione discriminare sulla base dell’origine etnica, della religione, dell’orientamento sessuale».
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