Alla cosiddetta area moderata serve un colpo di scena per rinascere

Per un singolare riflesso che si verifica spesso in politica, l'uscita di scena di una figura di spiccata personalità determina un'incertezza a largo raggio. Anche oggi è così. Berlusconi fuori dal campo di gioco crea qualche apprensione a sinistra, dove ci si era adagiati da anni nella comodità di avere l'ex premier come eterno avversario. Ideale, sotto questo aspetto, per tenere compatto il fronte che va dal Pd a Vendola e a Di Pietro.
Ma utile anche all'Udc di Casini per evitare di confrontarsi fino in fondo con la crisi della cosiddetta area moderata. Insomma, Berlusconi ingessava il panorama; adesso invece l'iceberg si sta sgretolando.
Sarà anche per questo che qualcuno sta offrendo al vecchio nemico un paradossale onore delle armi. La giovane Moretti, ad esempio, di recente lanciata da Bersani, parla di Berlusconi come di «un grande politico». E Fabio Granata, vicino a Fini in Futuro e Libertà, contrappone al leader uscente i suoi epigoni per concludere che «lui aveva comunque uno spessore e una grandezza tragica e inarrivabile per le attuali controfigure rimaste a contendersi i resti del Pdl. Cento volte meglio Berlusconi».
Sembra di capire che il rischio di spappolamento del centrodestra desta più preoccupazioni che giubilo nei vari schieramenti. Ma oggi la domanda è: che tipo di centrodestra è lecito prevedere nei prossimi mesi? Si può immaginare di ricomporre l'area che va dal Pdl alla Lega lungo una linea di continuità sostanziale con il berlusconismo? Ovvero si deve immaginare una rottura, un salto di continuità che spezzi il cordone tra il «fondatore» e i suoi aspiranti successori, a cominciare da Alfano?
Non ci sono risposte certe, ma alcuni indizi aiutano. Il video-messaggio berlusconiano diffuso ieri obbedisce a una logica precisa: collocare quello che accadrà a destra d'ora in poi nel solco di una mitologica età dell'oro in cui il paese è progredito ed è cambiato in meglio. Quindi il futuro centrodestra sarà al massimo post-berlusconiano, dovendo riconoscere all'ex premier una serie di meriti storici. Ma se è così, è impossibile credere che l'operazione primarie (al di là delle regole confuse e dell'approsimazione organizzativa) sarà sufficiente a far nascere un nuovo gruppo dirigente. Del resto, il merito di Berlusconi era anche quello di tenere insieme anime e segmenti della destra molto diversi fra loro. Ora gli ingredienti del mix tendono a separarsi di nuovo.
In verità la famosa area moderata avrebbe bisogno di uno choc, di un colpo di scena per tornare ad aggregarsi. In fondo la stagione di Berlusconi cominciò nel '94 come conseguenza di un trauma (Mani Pulite e la caduta della Prima Repubblica): non è strano che oggi sia necessario un altro scossone per riprendere il filo della storia. Peraltro il tentativo di «assorbire» Monti dentro i confini del Pdl allargato è troppo strumentale per essere preso sul serio. Il fatto è che l'attuale premier costituisce già oggi il punto di riferimento virtuale di un'opinione pubblica che si riconosce nel centrodestra, ma vuole anche un'autentica discontinuità con la stagione precedente. Altre soluzioni a breve per riunificare l'area che ha quasi sempre governato l'Italia nel dopoguerra, non ci sono.
A meno che non prenda forma una grande alleanza civile fuori dagli schemi e capace di proporsi come una novità reale. Ma il tempo stringe e la realtà è impietosa.
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