All’assalto della «riserva indiana»

Dalla Rassegna stampa

Scodinzola e impartisce lezioni, la voce del padrone. Quanta garbata tenerezza nelle parole miti e saccenti di Massimo Bernardini, autore e conduttore di «TvTalk» su RaiTre e dell’articolo sul Messaggero di ieri intitolato: «Sbaglia bersaglio chi se la prende con Fazio e Saviano». Può permettersi di scrivere in prima persona, come uno Scalfari o un Montanelli: «Vorrei spiegare a chi ce l’ha con Fazio e Saviano (...) che sbaglia proprio tutto, nello strepitare e nel rivendicare, nel chiedere risarcimenti, esigere contro-ospitate». Ce l’ha forse con noi? Non un pensiero per quanti - Melazzini & compagnia - sono ignorati da una tv pubblica a senso unico. L’articolo è una lunga lezione impartita con bonario paternalismo: «Riflettete, amici... Attenti, amici anti-Saviano... A voi, amici cattolici...». E come li liquida, in coda, gli "amici"? Attenti, scrive, perché potreste essere voi «prima o poi obbligati, in una incontrollabile deriva di par condicio, a ospitare Pannella e la Bonino la domenica in "A sua immagine", a "Tv2000" o a "Telepace" (ammesso che quelle riserve indiane servano ancora)». Alla giacca azzurra Bernardini, che nelle «riserve indiane» è nato e cresciuto, sembra sfuggire la differenza tra servizio pubblico - la Rai, dove si adopera oggi, riconoscente - ed emittenti private e libere. Il servizio pubblico lo paghiamo tutti con la tassa sul possesso del televisore, meglio nota come "canone Rai". Ed è chiamato a rappresentare tutti... se il professore ci perdona questa umile lezione, impartita da un muso rosso.
 Quanti maestrini e maestrine e lettori e lettrici del pensiero, a piede libero. Sulla Repubblica di martedì Giovanni Moschini scrive a Corrado Augias citando Avvenire e la proditoria richiesta di democrazia e pluralismo. Per lui chi sceglie di vivere vuole, anzi pretende sicuramente (senza dubbio alcuno!) di andare in tv per limitare la libertà altrui: «I malati che scelgono per convinzione di voler restare in vita si limiteranno a sostenere le loro ragioni? Oppure pretenderanno che altri soffrano anche se determinati a non volerlo?» È ovvio che né Moschini né Augias hanno sfogliato Avvenire, figuriamoci leggere le testimonianze su cui pontificano.
 Cita Avvenire, bontà sua, perfino Isabella Bossi Fedrigotti (Corriere della sera, 22 novembre), ricordando la testimonianza di Margherita Caruso Coletta e la sua richiesta di «diritto di replica» a Fazio. Riassunto della testimonianza ma nessuna presa di posizione sul diritto di replica: silenzio totale. Nel frattempo, come ricorda Gian Antonio Orighi sulla Stampa (20 novembre, titolo: «Svolta di Zapatero. E la Spagna approva il suicidio assistito dei malati terminali»), il vice-premier Rubalcaba ha annunciato a sorpresa che entro marzo sarà approvata una legge sulla morte degna e le cure palliative». Eutanasia? Ma per carità, assolutamente no! «Non è una legge sull’eutanasia, ma ogni cittadino avrà il diritto di morire senza dolore quando la scienza medica lo permetta». Ma allora è eutanasia... No: «In quel caso qualsiasi persona, per qualsiasi ragione, decide di morire, mentre la figura normativa, in cui saranno garantiti i diritti di paziente, familiari e medici, interromperà il calvario prima di morire». Commento finale di Orighi: «La Chiesa tace. Ma incassa una nuova sconfitta». E pure questo - che la posta in gioco non sia l’idea di persona e di vita, ma la "vittoria o sconfitta" del governo o della Chiesa - sa di irrimediabilmente osceno.

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