Al grande circo delle primarie del Pdl il padrone Berlusconi siede in platea

Primum sopravvivere, deinde primarie. Che saranno aperte, anzi apertissime: perché su un solo obiettivo sono unanimemente concordi caporali e colonnelli del Pdl, mentre si scannano su tutto il resto: dalle primarie si dovrà uscire con almeno un voto in più rispetto al numero dei partecipanti a quelle del Pd. Ma prima ci sono le elezioni regionali in Sicilia: il tavolo delle regole per il regolamento delle primarie si riunirà subito dopo, martedì 30, in via dell’Umiltà.
Ciò premesso, benvenuti nel grande circo delle primarie dei berluscones, che – come ha sempre temuto il Cavaliere – si prospetta come uno dei più esilaranti spettacoli politici del mondo, per ragioni antropologiche legate al profilo dei Titani che vi si scontreranno e per la natura fantasiosa e surreale delle loro proposte.
Ma prima ancora che Angelino Alfano riunisca il tavolo delle regole, dove siedono i tre coordinatori (Verdini, Bondi e La Russa) da lui mai destituiti, più i capigruppo, più capicorrente e alti papaveri del Pdl (veri o presunti, in base una geometria variabile a seconda del momento, per cui puoi ritrovarti accanto Lupi piuttosto che Scajola, questo o quel sindaco, ex ministri o commissari europei, tipo Tajani) il perimetro delle regole delle primarie dei berluscones è, in teoria, abbastanza definito. Saranno aperte, cioè non limitate agli iscritti, ma fruibili da tutti i cittadini, simpatizzanti e potenziali elettori del Pdl; non di coalizione, perché non si trova un solo vero partito disponibile a coalizzarsi entro il 16 dicembre, ammesso che quella sia la data. Più difficile che si riesca a realizzare una vecchia idea di Berlusconi, il voto su internet su vasta scala: viceversa, per gli iscritti al Pdl il voto online potrebbe essere possibile. Nodi semi-risolti: la data, appunto; secondo, primarie all’italiana, in una sola giornata e non all’americana lunghe mesi con delegati più convention, né alla Pd lunghe un paio di mesi. Nodi irrisolti: ballottaggio se non si raggiunge il 51 per cento o no? E soprattutto quali criteri e requisiti per la candidabilità? Nulla di insormontabile.
Ma qui, tra il dire e il fare, c’è di mezzo il più rissoso agglomerato politicoide mai apparso nel vecchio continente. Dev’essere anche per questo che, alla fine, Berlusconi li ha abbandonati al loro destino, tra scontri tribali e proposte inconciliabili: pro-Lega e anti Lega, pro-Monti e anti- Monti. Lui s’è sfilato, s’è calato dalla finestra con le lenzuola, evitandosi uno schiaffo elettorale personale alla venerabile età di 76 anni, regalando il suo passo indietro a Monti – e a Napolitano – perché se ne rammentino, con qualche gratitudine, dopo le elezioni. Per quel che conta, dunque, ora vada pure in onda il grande show delle primarie, sulle quali in molti hanno la memoria corta: il tavolo delle regole del Pdl sulle primarie non è al suo debutto ma s’era già riunito, e più volte, nel giugno scorso, dopo il via libera di Berlusconi all’ufficio politico. La pratica era già stata istruita e la fiera delle vanità del totonomi già aperta: le controbilanciate candidature di Galan e Santanchè erano in pista, Formigoni allora come ieri diceva «prima viene la regione poi vedrò», il capo dei formattatori del Pdl (il giovane sindaco di Pavia, Cattaneo) scalpitava, la Mussolini bussava alle porte ed era partita la caccia alle personalità esterne al Pdl: «Ho chiesto a Vittorio Feltri di candidarsi alle primarie», rivelò Alfano.
Berlusconi, poi, mandò tutto all’aria: prima dicendo che avrebbe fatto il ministro dell’economia di Alfano premier, poi minacciando di ricandidarsi premier. Loro, gli sfaticati, inconcludenti e rissosi capataz pidiellini ci contavano. Ora che Berlusconi gli ha lasciato in mano il giocattolo, chi li conosce, come l’ex falco pidiellino Stracquadanio, scommette: «Se lo faranno esplodere in mano».
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