Afghanistan, l'Italia manderà altri soldati

Dalla Rassegna stampa

Obama chiama, Berlusconi risponde. Immediatamente. Nessuno immaginava che il «sì» potesse essere così veloce. Prima ancora di presentare ufficialmente la sua nuova strategia per l´Afghanistan, ieri pomeriggio alle 16 il presidente americano ha telefonato a Silvio Berlusconi. Il capo del governo era a Palazzo Chigi con Franco Frattini e Ignazio La Russa: in tre si preparavano a ricevere il segretario generale della Nato Rasmussen alle 17, e con quest´ultimo hanno continuato a parlare di Afghanistan e di rafforzamento del contingente italiano. La manovra "a tenaglia" Usa-Nato ha avuto effetto immediato: dopo la telefonata di Obama e l´incontro con l´ex premier danese, Berlusconi ha fatto scrivere un comunicato in cui si sostiene che il presidente Usa ha lodato «la capacità di leadership del presidente del Consiglio italiano», e poi ha precisato che l´Italia è pronta a rafforzare l´impegno in Afghanistan. I dettagli li discuteranno il ministro degli Esteri Frattini e Hillary Clinton la settimana prossima a Bruxelles. Il grande ostacolo interno, l´opposizione della Lega alla missione, sarà invece missione affidata in persona al presidente del Consiglio.
Uscito da Palazzo Chigi, da vecchio capogruppo parlamentare Ignazio La Russa ha immediatamente reso omaggio al ruolo delle Camere, precisando che «Berlusconi sentirà il Parlamento sulla qualità dell´impegno: se ci sarà, come è probabile, una valutazione su un maggiore impegno ci ragioneremo». Che, tradotto in una formula meno cauta, significa che il governo Berlusconi è pronto ad aumentare il numero dei soldati a Kabul, ma lo farà dopo un voto delle Camere. La Russa ha insistito anche sul fatto che i 400 parà inviati per il periodo elettorale «sono già rientrati in Italia». È una precisazione necessaria per tener conto della posizione Lega Nord, che aveva chiesto di riportare tutti i soldati in Italia «entro Natale», e che adesso invece sarà costretta a votare in Parlamento un allargamento della missione.
Di numeri, o di assetti, per il momento né La Russa né il suo capo di Stato maggiore Vincenzo Camporini hanno parlato. Il generale ha detto che in altri momenti l´Italia ha tenuto all´estero anche 12.000 soldati e che oggi siamo a quota 8.500: «Noi militari siamo pronti, il problema sono i soldi e la decisione politica». La Russa, che è il primo a dover fare i conti con i tagli imposti da Giulio Tremonti, ha precisato però che «i soldati all´estero possono anche essere 20.000, ma bisogna valutare l´estensione del periodo in cui si tengono fuori».
Spostandoci sul fronte americano della partita, ieri anche la Casa Bianca ha confermato che Obama annuncerà l´escalation in Afghanistan con un discorso a West Point. L´accademia militare è stata scelta come scenario migliore: il discorso di fronte ai militari servirà non solo a dare numeri del surge, ma soprattutto a spiegare meglio la nuova filosofia a cui l´amministrazione vorrebbe ispirare la sua missione.
In ogni caso, in attesa del discorso, la macchina Nato è già in funzione a pieno regime. Oggi, dopo la tappa a Roma, Rasmussen sarà a Berlino per convincere anche Angela Merkel a rafforzare il contingente tedesco. La Germania ha assunto un comportamento più cauto rispetto all´Italia: non farà nuovi annunci sull´Afghanistan, non solo prima dell´arrivo della strategia di Obama e prima delle riunioni Nato di dicembre, ma - con qualche ragione - aspetterà anche la conferenza per l´Afghanistan convocata a gennaio a Kabul. Da quella riunione si capirà meglio come sia possibile rianimare una missione militare e un´azione politica che sino ad oggi sono state sconfitte dalla guerriglia dei talebani.
Tornando al versante italiano della vicenda, ieri un solo parlamentare ha commentato con cognizione di causa il processo decisionale a cui la telefonata Obama-Berlusconi ha dato un´accelerata: Emma Bonino sostiene che «sarebbe bene che le Camere ridiscutessero dell´intera strategia per l´Afghanistan e non solo il mero impegno militare. Il dossier afgano è molto più complicato, a cominciare dalla questione della produzione e del traffico di droga, della corruzione in seno al governo Karzai, della governance. È necessario un dibattito più serio e approfondito, in Italia ma anche in Europa». Nei prossimi giorni vedremo cosa saranno in grado di produrre Parlamento e governo italiani.

© 2009 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK