Affondo di Ge-Hitachi per il nucleare italiano

Un'alleanza con il territorio. General Electric Hitachi Nuclear Energy (GEH) ha annunciato ieri a Parigi, in margine alla conferenza internazionale inaugurata lunedì da Nicolas Sarkozy, l'avvio di una collaborazione con l'italiana EnergyLab. Fondazione creata nel 2007 dalla Regione Lombardia, dalle università milanesi, dalle fondazioni Aem e Edison, quest'ultima lavorerà assieme al colosso americano per esplorare le nuove opportunità di sviluppo del nucleare in Italia. La tecnologia è quella dei reattori ad acqua bollente di ultima generazione (III e III+) ABWR e ESBWR, capaci di generare rispettivamente 1.3oo e i.52o Megawatt.
Daniel L. Roderick, senior vicepresident di GE Hitachi Nuclear Energy, ha spiegato al Sole 24 Ore l'importanza di un accordo che sostanzialmente riporta il gruppo americano in Italia poiché fu proprio General Electric a costruire la centrale di Caorso: «In realtà non abbiamo mai abbandonato il paese. Il fatto di averci lavorato per anni aveva permesso di sviluppare una catena di fornitori piuttosto estesa. L'Italia non è un deserto nucleare, ha certo bisogno di aggiornarsi, ma grazie all'accordo con EnergyLab e sull'onda dell`intesa siglata di recente tra i governi italiano ed americano, saremo in grado di aiutarla a perseguire il suo obiettivo di ricostituire una filiera nucleare».
Il manager non si nasconde che al momento c'è un partner preferenziale, anzi strategico, che è
quello francese: con il tandem Enel-Edf e la tecnologia Epr di Areva. Ritiene però vi sia spazio per altri attori sul mercato nucleare italiano e non risparmia qualche frecciatina indiretta alla concorrenza: «Vogliamo che tutti le parti in causa in Italia possano dire la loro quando si parla dei costi degli impianti, della loro affidabilità. Una delle ragioni per le quali raramente appaiamo sui media è che vogliamo comunicare soltanto quando abbiamo completato un'unità. Ne stiamo costruendo una quarantina in tutto il mondo e siamo attualmente gli unici ad aver completato un'unità di terza generazione mettendola in rete, in Giappone. E tutto ciò è stato nei tempie nel budget previsti». Una stoccata alle vicissitudini dell'Epr di Areva in Finlandia, in ritardo di tre anni sulla tabella di marcia? Roderick non fa nomi. Ma aggiunge che il suo gruppo hasviluppato una tecnologia di costruzione, modulare, che gli permette di ottimizzare tempi e costi. Parte delle componenti degli impianti (macchinari e canalizzazioni) vengono pre-assemblate in fabbrica e non sul cantiere del reattore. Solo una volta completati, i moduli vengono trasportati, via mare, terra o ferrovia, sul sito, e integrati al resto dell'impianto: «Diversamente, ogni giorno dovresti combattere con gli agenti atmosferici e il controllo sui tempi diventerebbe relativo. Noi abbiamo semplicemente deciso da tempo che non aveva più senso costruire i reattori come si faceva una ventina o trentina d'anni fa: tutto in una sola location».
Il dibattito in corso in Italia non lo spaventa e non lo sorprende. Lo trova legittimo e comprensibile. Sostiene che l'industria nucleare, trent'anni fa, ha avuto le sue belle colpe circondando di mistero e reticenze l'informazione sulle centrali. Oggi però, assicura, le cose sono diverse, sia in materia di trasparenza informativa che di sicurezza: «Nelle aree del mondo dove si costruiscono attualmente le centrali non è difficile trovare scuole e infrastrutture pubbliche di alto livello. Le centrali generano entrate fiscali importanti per i comuni che le ospitano. Uno studio recente ha dimostrato che il valore degli immobili in queste aree non è penalizzato in un arco temporale di trent'anni. Anzi il valore resiste più della media perché avere una centrale significa avere anche una fonte stabile d'occupazione per gli abitanti dell'area». Se si spiegano queste cose, e che il dibattito non è sul nucleare sì o nucleare no, ma piuttosto se vogliamo fare
qualcosa per il cambiamento climatico e la sicurezza energetica, «allora credo la gente sia abbastanza intelligente per capire i benefici di un'energia stabile e a bassissima emissione di Co2».
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