Affluenza in picchiata vota un italiano su due

Dalla Rassegna stampa

Cresce il partito degli astenuti. Nonostante gli appelli, gli italiani ieri hanno votato con il contagocce: alle ore 22, l’affluenza risultava pari al 47,08 per cento, in calo di 8,88 punti rispetto alle Regionali del 2005. In Liguria il non voto è anche più alto: alle ore 22 i votanti erano solo il 43,5%, in calo del 9,02%. Oltre
che per le Regioni, ieri si votava anche in 4 Province e 462 Comuni, e anche queste consultazioni facevano registrare una flessione analoga. Il partito dell’astensione rischia di avere il sopravvento in alcune Regioni.
Fra queste spicca il Lazio, dove c’è stato un crollo di 12,4 punti: il dato però non favorirebbe necessariamente la candidata del centrosinistra Bonino, come si potrebbe pensare, perché l’astensione è omogenea in tutte le province e non solo a Roma, dove mancala lista Pdl.
In Liguria (alla chiusura dei seggi, ore 22) è stata la città di Genova a fare registrare il maggior calo dell’affluenza: -9,69%. Nel capoluogo ha votato il 43,02% degli aventi diritto, contro il 52,71 del 2005. A Savona il calo è del 9,15% (45,79% alle urne contro il 54,94% del 2005). A La Spezia si registra un -8,99% (42,7% i votanti alle 22), mentre tiene meglio Imperia, con-6,19%(43,1% al voto alle 22), dove si vota anche per le provinciali.
Tutti i leader sapevano di dover fare i conti con l’astensionismo, alimentato dalla crisi, dal ritorno delle tangenti e da uno scontro politico spesso sganciato dai temi concreti. E così tutti sono corsi ai ripari, tirando per la giacchetta i rispettivi elettori. Lo ha fatto il leader del Pd Pierluigi Bersani. E lo ha fatto, con più foga, Silvio Berlusconi, avendo bene in mente che la partita si gioca sul voto di indecisi, degli scontenti e quindi dei potenziali astenuti. Il Cavaliere ha seguito con una certa apprensione l’andamento della prima mattinata alle urne che si è aperta alle 8 e si è chiusa con un bilancio decisamente negativo rispetto al passato, con un’affluenza di poco superiore al 10 per cento e una perdita di circa 3 punti rispetto alle Regionali del 2005. Questo il dato che si registrava alle 12 nelle nove regioni i cui dati passano attraverso il Viminale. Ma non andava meglio nelle quattro regioni, che elaborano i dati in modo autonomo: in Calabria la percentuale dei votanti crollava al 6,5 per cento mentre il primato dell’Emilia Romagna, quasi al 13 per cento, calava comunque rispetto al 2005, facendo registrare un divario negativo di quasi 4 punti. In generale, al Sud si vota meno che al Nord. Dato eclatante all’Aquila, dove si rinnovano la giunta e il consiglio provinciale: nella città colpita dal terremoto, a mezzogiorno si è presentato alle urne solo l’8,5 per cento dei cittadini con un’affluenza in picchiata rispetto al 20 per cento che alla stessa ora aveva votato nel 2005.
Nel pomeriggio, non c’è stato il recupero, in una domenica condizionata dall’ora legale e dalla festività solenne delle Palme. Si conferma un trend già in atto, nonostante gli sforzi della politica. Non tutti, in verità, si sono spesi per mandare gli italiani alle urne. Il caso più clamoroso è stato quello dell’associazione Italiafutura di Luca Cordero di Montezemolo, che ha giustificato il non voto come «diritto di non accomodarsi alla tavola imbandita dai partiti».

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