Addio a Viezzoli, il manager di Stato senza tessera in tasca

È stato uno degli ultimi manager di Stato ai tempi della grande Iri. Tra i suoi incarichi più importanti la presidenza di Finmeccanica e quella dell'Enel conclusasi nel 1996 con l'arrivo a Palazzo Chigi dell'amico Romano Prodi. Franco Viezzoli è deceduto l'altra notte a Roma all'età di 85 anni. Nato a Genova da una famiglia di origine istriana, dopo la laurea in economia, approdò quasi subito all'industria di Stato, nella società di Navigazione Italia del gruppo Iri-Finmare. Gli bastò poco più di un lustro per arrivare alla carica di direttore centrale dell'Iri fino ad assumere (1976, all'età di 51 anni) il ruolo di presidente e amministratore delegato di Finmeccanica dove vi rimase per una decina d'anni. Per l'Iri fu il periodo d'oro, un immenso potere nel sistema industriale del Paese fino a diventare a metà degli anni Ottanta la più grande conglomerate del mondo con 400 società e oltre 500 mila dipendenti. «Un manager che ha contribuito allo sviluppo del Paese» lo ricorda così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Viezzoli venne definito nelle cronache giornalistiche di quegli anni uno dei due «alani» del potente presidente del colosso di Via Veneto Giuseppe Petrilli, fanfaniano di ferro, mentre l'altro era Fausto Calabria. Ma Viezzoli era un democristiano senza tessera, benvoluto da tutti i partiti, e proprio questa sua autonomia gli impedì di diventare nel 1989 presidente dell'Iri, stoppato dal veto di Antonio Gava che gli preferì il più "affidabile" Franco Nobili.
Una delle sue ultime "operazioni", che lo portò alla ribalta dei media fu la vendita dell'Alfa Romeo alla Fiat, studiata d'intesa col direttore generale Fabiano Fabiani e dal presidente Iri dell'epoca Prodi. Indimenticabile la mossa della «lettera di intenti» ottenuta dalla Ford per rilevare il Biscione e «stanare» così il gruppo di Torino contrario a una concorrenza in casa. L'anno successivo Viezzoli passò alla presidenza dell'Enel e dovette gestire lo stop al nucleare stabilito dal referendum sull'onda emotiva di Chernobyl. In una delle ultime interviste - rilasciata a Franco Locatelli del Sole 24 Ore - il manager di Stato confessò che «l'aver smantellato l'industria nucleare italiana e un centro di eccellenza come quello della società Nira (polo della ricerca con 3mila scienziati voluto proprio da Viezzoli, ndr.) dell'Ansaldo è stato un delitto». E un delitto della politica che finì «per difendere gli interessi economici del partito dei petrolieri». Infatti, ricorda ancora Viezzoli, il testo del referendum «prevedeva una moratoria di 5 anni e un presidio nucleare e non l'abbandono senza condizioni dell'energia atomica». Fu il ministro dell'Industria dell'epoca, Valerio Zanone, secondo la ricostruzione di Viezzoli, a chiudere l'avventura nucleare made in Italy con la conferenza nazionale sull'energia tenutasi prima del referendum. Cavaliere del Lavoro, consigliere di moltissimi cda, è stato anche presidente della Franco Tosi meccanica e dell'agenzia di stampa AdnKronos. Coinvolto dal ciclone tangentopoli si è rifiutato di patteggiare e, alla fine, ha subito una condanna secondo il teorema «non poteva non sapere».
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