Addio traghetti di Stato, venduta Tirrenia

Addio traghetti di Stato. Dopo vari anni di inutili tentativi, finalmente il Tesoro è riuscito a vendere la compagnia di navigazione Tirrenia. È vera privatizzazione? Solo il tempo lo dirà, ma per il momento Mario Staderini, segretario di Radicali Italiani, ha buon gioco nell'affermare che si tratta in realtà di una «regionalizzazione». Infatti la società che ha vinto la gara (peraltro l'unica alla fine rimasta tra i 16 potenziali acquirenti iniziali) è Mediterranea Holding, partecipata ben al 37 per cento dalla Regione Sicilia. Gli altri azionisti, dopo l'aumento di capitale dei giorni scorsi propedeutico alla conclusione dell'affare, fanno capo all'armatore greco Alexis Tomasos, che ha il 30,5 per cento ed è anche l'ad della società; al gruppo Lauro con il 18,5; a Isolemar (società che ha fra gli azionisti operatori del settore turistico e lavoratori marittimi) con 1'8; all'ex presidente di Confitarma Nicola Coccia con lo 0,5 e alla famiglia Busi Ferruzzi con il 5,5. La novità di questi ultimi giorni riguarda proprio questi ultimi due azionisti: Coccia ha infatti deciso di non sottoscrivere l'aumento di capitale, passando dal 3 allo 0,5. Per contro è salita la quota della famiglia Busi Ferruzzi, passata dal 3 al 5,5, tornando quindi alla ribalta dopo una quindicina di anni dalla fine dell'impero costruito da Gardini. Per il futuro è previsto comunque un lento distacco della Regione Sicilia: dopo il periodo di lock-up di un anno, la sua quota dovrebbe passare, secondo l' ad Tomasos, al 21 percento, ma potrebbe poi ulteriormente scendere al 16. In questo modo - ha spiegato l'altro grande socio privato, Salvatore Lauro, che è anche presidente di Mediterranea Holding - potrebbero entrare nuovi soci internazionali (in particolare maltesi, tunisini e libici) che hanno manifestato interesse per l'operazione. La vera privatizzazione di Tirrenia sembra dunque al momento ancora un work in progress. La vendita si è potuta concludere ieri (ma la firma arriverà il prossimo 4 agosto) dopo che la newco aveva presentato un'offerta migliorativa rispetto a quella iniziale del 28 giugno scorso. Fintecna, la società controllata al Tesoro al 100 per cento cui fanno capo le azioni Tirrenia, aveva chiesto una rimodulazione dell'offerta, che è arrivata: si è passati da 10 a 25 milioni, anche se uno solo verrà versato subito, mentre il resto nell'arco di 10 anni. Tuttavia Mediterranea Holding si accollerà il debito di ben 520 milioni di euro. Per contro, i nuovi proprietari hanno chiesto garanzie sul mantenimento delle sovvenzioni statali previste per Tirrenia (72,6 milioni di euro all'anno per otto anni) e Siremar (55,7 milioni all'anno per sette anni). Rimangono sul tappeto almeno due grossi scogli: da una parte la possibilità che gli altri armatori possano far ricorso contro l'aggiudicazione della gara a Mediterranea Holding, dall'altra il piano industriale su cui già i sindacati hanno messo le mani avanti chiedendo al governo una rassicurazione sul mantenimento degli attuali organici (ma secondo Giuseppe Caronia della Uiltrasporti la società ha parlato di 540 esuberi). Su entrambi i punti, però, anche l'ad Tomasos ha chiesto al governo un intervento «per tutelare Mediterranea sia dal ricorso degli armatori sia dalle pressioni dei sindacati». Le prossime, e forse le vere partite della privatizzazione di Tirrenia, saranno proprio queste due
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