Acqua, la rete colabrodo e la privatizzazione fantasma

Dalla Rassegna stampa

Niente accomuna oggi trasversalmente la sinistra e la destra come l`acqua. Se il «religiosissimo»
(autodefinizione) governatore della Puglia Nichi Vendola azzarda un paragone blasfemo, dicendo che
«privatizzare l`acqua è una bestemmia in chiesa», una liberista come Emma Bonino non esita a liquidare così la faccenda: «Mancano le condizioni». Mentre la Lega, che per lealtà ha dovuto ingoiare il boccone amaro, votando la legge che potrebbe trasferire in mani private la gestione
delle risorse idriche, comincia a intuire quanto rischia di rivelarsi indigesto. E anche molti amministratori locali del Pdl storcono il naso. Il paradosso è che niente, come l`acqua, divide gli italiani. Basta dare un`occhiata al Blue Book del centro di ricerca Proacqua per rendersi conto
di come l`unità «idrica» del Paese non si sia mai realizzata. A Milano si pagano tariffe pari a un quarto di quelle di Temi, che sono appena più alte rispetto alle bollette di Latina. 0 di Agrigento, dove l`acqua è un bene raro e prezioso. Per non parlare degli sprechi. Ogni anno, secondo un
documento della Confartigianato, il 30,1% dell`acqua immessa in rete non arriva ai rubinetti: per fare un paragone europeo, in Germania le perdite non arrivano al 7%- Come se buttassimo dalla finestra 2 miliardi e 464 milioni, somma che basterebbe a compensare l`abolizione dell`Ici
per la prima casa. Chi è responsabile? Reti colabrodo, investimenti carenti, una gestione spesso sconsiderata. I colpevoli sono diversi, e tutti in qualche modo imparentati con l`azionista pubblico. Problemi così grandi che la buona volontà, senza i soldi, serve a poco. In tre anni l`Acquedotto
pugliese, il più grande d`Europa con i suoi 20 mila chilometri di rete, è riuscito a recuperare 40
milioni di metri cubi di perdite. Le quali sarebbero così scese al 35% dal 37,7%. Bene. Anzi, benissimo. Ma se ai tubi rotti e agli allacci abusivi si sommano le perdite amministrative,
calate comunque dal 12,8% all`11,8%, l`emorragia economica dell`azienda sfiora ancora il 47%.
Tutto questo rende difficilmente comprensibile, al di là delle pur rispettabili opinioni ideologiche, la
sollevazione bipartisan contro la privatizzazione del servizio, con la motivazione che ciò esproprierebbe i cittadini di un bene pubblico vitale a vantaggio di imprese che hanno il
solo obiettivo del profitto. Privatizzazione che peraltro in Italia, a dispetto di quello che si immagina, è ancora una illustre sconosciuta. Prendiamo il caso di Agrigento, dove si pagano
le tariffe fra le più alte d`Italia, con una media di oltre 40o euro l`anno a famiglia per un servizio, come ha dimostrato il bel servizio trasmesso da Presa diretta di Riccardo lacona, di qualità inaccettabile. Ebbene, da tre anni la gestione è appaltata a una società «privata», la Girgenti acque,
che opera in perdita. Ma di «privato» ha il nome e gli azionisti di minoranza. Perché il 56,5% è controllato dalla Acoset spa, società dei Comuni catanesi, e dalla Voltano spa, a sua volta di proprietà dei Comuni agrigentini. Che della Girgenti acque hanno anche la gestione: presidente
e amministratore delegato sono infatti i manager delle due società comunali, Vincenzo Di Giacomo e
Giuseppe Giuffrida. In Acqualatina, società che gestisce le risorse idriche nell`area pontina,
la gestione è invece nelle mani del socio privato. E la francese Veolia, che con il 49% delle azioni esprime l`amministratore delegato Jean Michel Romano e deve convivere con una situazione molto curiosa, per un azionista privato: gestire un`azienda di cui è presidente un senatore, Claudio Fazzone del Pdl. Nel 2008 Acqualatina ha perso 4,4 milioni e ha dovuto varare un piano di lacrime
e sangue. Nonostante tariffe astronomiche. Dimostrazione che nemmeno i privati, in un sistema come il nostro, hanno la bacchetta magica. Ecco perché prima di tutto sarebbe il caso di risolvere il problema della regolamentazione del Far West dell`acqua, affidando a un`autorità indipendente
il compito di stabilire tariffe eque e imporre la decenza del servizio. Se anche qui si vuole aprire il capitolo dei privati, è uno strumento fondamentale per mettere al sicuro da ogni rischio l`uso di un bene vitale. C`è per il gas e l`elettricità. Perché non per l`acqua? O si vuole ripetere l`errore già compiuto in occasione di altre privatizzazioni?

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