Le accuse dell'opposizione "Umiliati ancora una volta"

La Farnesina ha seguito per tutta la giornata l'evolversi dell'incredibile vicenda per la quale da una delle sei motovedette italiane recentemente cedute alla Libia per il pattugliamento anti-immigrati si è sparato contro un peschereccio italiano, e a bordo c'era addirittura un militare della guardia di Finanza, «più altro personale tecnico italiano», come preciserà poi al Tg1 e al Tg5 lo stesso Frattini. Più tardi si scoprirà che gli uomini della Gdf erano in tutto sei.
Il ministro degli Esteri ha offerto la ricostruzione ufficiale del governo in due dichiarazioni ai tg, al termine di una giornata in cui non solo dall'Idv ma anche dal Pd e dall'Udc erano giunte richieste di riferire in Aula, cosa che al momento non è previsto che accada, ed è il presidente della Esteri al Senato Lamberto Dini ad escludere che questo possa avvenire in commissione. Frattini ha spiegato che la motovedetta stava effettuando un pattugliamento anti-immigrati, e che il comandante «ha ordinato di sparare in aria, ma poi purtroppo i colpi hanno raggiunto il peschereccio italiano», annunciando che il ministro dell'Interno Roberto Maroni avvierà un'inchiesta sui fatti, e che i libici si sono già scusati, attraverso l'ambasciatore di Tripoli a Roma, anche con la Guardia di Finanza. Il ministro degli Esteri ha poi aggiunto che si tratta di «rivedere le regole di ingaggio», e cioè di precisare a quali norme ci si deve attenere nel pattugliamento misto. Il militare italiano era a bordo secondo quanto «previsto dall'accordo firmato nel 2007 dal governo Prodi e poi integrato da Maroni nel 2009». Accordi che «sin dal primo giorno stabiliscono che il comando è ovviamente degli ufficiali libici». Mentre «i nostri uomini non hanno partecipato minimamente all'operazione».
La ricostruzione non convince, a dir poco, la vicepresidente del Senato Emma Bonino, che ai tempi in cui era nella Commissione europea (precedente governo Berlusconi) aveva le deleghe alla pesca e conosce bene l'annoso e irrisolto problema delle acque territoriali, poiché «nonostante nel Mediterraneo sia difficilmente applicabile il limite delle 12 miglia, la Libia si arroga il diritto di fissarle unilateralmente». Ovviamente «è inaccettabile che si spari» dice Bonino. Ma se questo lo riconosce anche Frattini, la vicepresidente del Senato aggiunge che «radar e satelliti dovrebbero confermare che il motopeschereccio non stava pescando».
Il punto è «che si tratta di un mezzo Ariete, e cioè di un tipo di barca con la quale comunemente si salvano le persone in mare», come dire che i libici hanno sparato perché temevano che a bordo ci fossero migranti, e dunque in ottemperanza al «contrasto» all'immigrazione previsto dal trattato italo-libico del 2009. «Quello che firmò il governo Prodi nel 2007 era ben diverso dalla speciale partnership, con tanto di spiragli anti-Nato e senza pretendere dai libici la fissazione di un limite nelle acque territoriali, che Berlusconi ha firmato con un interlocutore inaffidabile qual è Gheddafi». Frattini ha comunque assicurato che si rivedrà quella parte del trattato di Bengasi. Ma intanto le opposizioni insistono affinché vada a riferire in Parlamento. «E' una vicenda gravissima» dice il presidente dell'Udc Buttiglione, «ci aspettiamo una risposta molto forte del governo, specie dopo tutte le umiliazioni che l'Italia ha subito da Gheddafi negli ultimi mesi».
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