Aborto terapeutico a 5 mesi, ma il feto sopravvive 48 ore

Una gravidanza interrotta a 22 settimane. Poco più di cinque mesi. Il feto era malformato, è stato deciso per l’operazione. Sabato scorso all’ospedale di Rossano (Cosenza). La donna, senza figli, viene ricoverata. Il mattino dopo, domenica. il cappellano è infornato dell’intervento e va a pregare. come fa sempre in questi casi, accanto al feto. Erano passate 22 ore dal momento in cui i chirurghi avevano eseguito l’aborto. Tempo qualche minuto e il sacerdote si accorge che, sotto il lenzuolino, il corpo si muove e respira. L’allarme e il trasporto d’urgenza all’ospedale di Cosenza dove c’è un reparto per i nati prematuri.
Da domenica a ieri mattina i medici hanno tentato di continuare a tenerlo in vita ma non ce l’hanno fatta. Il quadro clinico era assai grave: per le poche settimane di gestazione e per la presenza di una malformazione importante. Quella che aveva portato la donna ad entrare in sala operatoria. Subito il sequestro della cartella clinica, nelle prossime ore saranno ascoltati i medici che hanno effettuato l’intervento. Gli inquirenti vogliono accertare se, durante l’operazione. ci sono state eventuali negligenze da parte dei chirurghi. Coloro che avrebbero dovuto accertarsi del decesso immediatamente dopo l’interruzione di gravidanza. La legge 194 prevede l’aborto terapeutico ma, nei casi in cui il feto dovesse rimanere in vita, dovrebbe essere accudito e ricoverato in una tecnoculla. Non mancano, comunque, diatribe etiche anche per questi casi limite: alcune società scientifiche sostengono l’astensione dalle cure
intensive per i nati troppo prematuri (dalla 22/ma settimana alla 24/ma) mentre i neonatologi cattolici hanno messo a punto delle linee guida per l’astensione dell’accanimento terapeutico (sotto le 22 settimane si prevede l’astensione da intubazione e ventilazione).
Chi non si è accorto che era sopravvissuto al trauma dell’operazione? Il ministero della Salute invierà i suoi ispettori a Rossano. Per «accertare cosa sia effettivamente accaduto e verificare se sia stata rispettata la legge 194» come spiega il sottosegretario Eugenia Roccella.
«La legge - aggiunge - vieta l’aborto quando c’è la possibilità di vita autonoma del feto e lo consente solo se la prosecuzione della gravidanza comporta un pericolo di vita per la donna. Un bambino, una volta nato, è un cittadino italiano come tutti gli altri. Che gode, quindi, dei diritti fondamentali tra cui quello alla salute».
Incredulità in corsia, toni duri dalla Curia. «Appare sconcertante- sono le parole affidate ad un comunicato da monsignor Santo Marcianò - l’arbitraria superficialità dei sanitari nell’omettere qualsiasi tipo di cura e rianimazione del bambino il quale, nonostante ciò, ha continuato a sopravvivere autonomamente
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