Aborto, donne e medici del Lazio contro la riforma Tarzia

C'è voluto un convegno organizzato dalla Provincia di Roma per far emergere finalmente le voci delle donne utenti dei consultori familiari della regione Lazio ma anche degli operatori, dei medici, degli psicologi e degli assistenti sociali che in quei presidi socio-sanitari pubblici vivono e lavorano. E che ieri hanno opposto un irremovibile quanto motivato «no» alla proposta di legge regionale firmata dalla consigliera d'ispirazione pro-life Olimpia Tarzia, che si sta facendo strada verso l'approvazione in commissione a colpi di maggioranza. Malgrado Tarzia - eletta nella lista Polverini, vicepresidente della Confederazione italiana dei consultori familiari d'ispirazione cristiana e tra i fondatori del Movimento per la vita - abbia colto l'occasione del convegno per mostrarsi «disponibile a un confronto nel merito serio e democratico».
In effetti l'opposizione delle tante organizzazioni di donne, di Cgil e Uil, di quasi tutti gli assessori alle politiche familiari delle province del Lazio, degli operatori dei servizi sociali e delle Asl, degli ordini regionali di medici, psicologi e assistenti sociali è stata seria e nel merito. La legge 15 del 1976 che istituì i consultori nella regione - hanno sostanzialmente ribadito tutti non ha bisogno di essere modificata, funziona bene da 35 anni tanto da aver fatto scuola in Europa. Va solo applicata e finanziata.
Senza risorse non si fa prevenzione, non si educa a una sessualità consapevole, non ci si occupa della salute e dei problemi delle donne che, diversamente dal 1976, oggi riguardano soprattutto la dimensione della precarietà, il contesto dell'immigrazione e del disagio giovanile. E invece, ha ricordato il consigliere regionale di Sel Luigi Nieri, «mentre presentava la legge Tarzia, la maggioranza di centrodestra toglieva in assestamento di bilancio un milione e mezzo dai fondi per i consultori».
Ma la legge, considerata da molti in odore di «incostituzionalità», che elegge a totem la famiglia fondata sul matrimonio e procreante, che considera un «dovere etico» da parte della donna superare tutte le difficoltà che l'hanno portata a scegliere l'aborto, che introduce figure professionali inesistenti come il mediatore familiare, che eleva le associazioni cattoliche private al pari dei presidi laici pubblici, «costa 100 milioni di euro l'anno».
Soldi non cene sono neppure per la copertura finanziaria, eppure la proposta Tarzia va ben oltre - hanno sostenuto in molte - «l'intenzione ideologica della difesa della vita, peraltro già garantita». Ma la consigliera pro-life ieri, davanti a un'aula consiliare stracolma di donne e operatori, si è mantenuta sul vago senza calcare troppo la mano fondamentalista. E mentre promette un'elemosina caritatevole alle donne, umiliate dal percorso a ostacoli cui verrebbero sottoposte nei consultori, «assicura la detrazione fiscale alle associazioni private volontarie che entrerebbero in ballo». «Se fosse disponibile al confronto serio e democratico - concludono i relatori del convegno - Tarzia non dovrebbe far altro che ritirare la sua legge».
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