Abolire l'infibulazione Cresce la pressione sull'Onu

L'obiettivo, ora, è riuscire a depositare alle Nazioni Unite una risoluzione che bandisca la pratica delle mutilazioni genitali femminili. Un'eventuale approvazione da parte dell'Assemblea Onu, infatti, avrebbe l'effetto di scongiurare a livello globale una violenza che continua in molte aree dell'Africa, del Sud Est Asiatico e del Medio Oriente. Gli ostacoli per l'approvazione sono molti, nonostante nell'ultimo decennio alcuni Stati abbiano approvato leggi interne di abolizione dell'infibulazione o assunto posizioni di esplicita condanna. E sono di tipo «diplomatico-burocratico», anziché pratico, come ha spiegato la vicepresidente del Senato Emma Bonino, presidente dell'associazione Non c'è pace senza giustizia che ieri ha organizzato a Roma una tavola rotonda sul tema. «Questa è una questione essenzialmente politica», ha rilevato Bonino, richiamando i governi ad aumentare la pressione.
Finora, «in dieci anni di campagna, su 29 Paesi abbiamo accompagnato 19 leggi di proibizione nazionale, quindi il muro del silenzio è caduto», ha aggiunto la senatrice radicale, portando l'esempio di quegli Stati «come il Mali o la Sierra Leone dove esistono una società civile molto forte e una resistenza governativa quasi tetragona, o dove ora il dibattito è diventato pubblico anche se non hanno ancora una legge». Per questo, è essenziale profondere un messaggio di sensibilizzazione, come hanno rimarcato alcune delle più impegnate attiviste africane anti-Mgf presenti all'iniziativa romana, incisivo anche laddove la mutilazione femminile è ancora nascosta dietro conservatorismi e difesa delle tradizioni religiose.
L'Unione Africana, in particolare, ha ratificato il protocollo di Maputo che bandisce le mutilazioni genitali come una patente violazione dei diritti umani, e diversi governi si sono concretamente attivati in piani d'azione nazionali che prevedono campagne d'informazione, specie in aree poco sviluppate dove la pratica è maggiormente diffusa. Sono passi fondamentali destinati a ridurre numeri consistenti: si stima che ogni anno nel mondo tre milioni di bambine vengano sottoposte a escissione o infibulazione. Secondo l'Istat, in Italia sono circa 35.000 le donne e le bambine emigrate che ne restano vittime. Il nostro Paese ha recentemente approvato all'unanimità una mozione che impegna il governo a promuovere tutte le iniziative utili ad ottenere in tempi rapidi una risoluzione delle Nazioni Unite, e il ministro degli Esteri Frattini, intervenendo alla 65esima sessione dell'Assemblea Onu in corso a New York, ha fissato nel 2015 il termine per l'approvazione. «L'obiettivo è a portata di mano», sostengono le Ong coinvolte. E da parte governativa, il direttore generale della Cooperazione allo sviluppo Elisabetta Belloni ha rinnovato ieri il proposito di «dimostrare come il nostro Paese può essere paladino ancora di una causa fondamentale: una battaglia di tutela dei diritti umani fondamentali».
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