Abbiamo bisogno di politica "altra"

Il problema non è tecnico, ma di passare ad un'altra politica, ad una politica "altra". È un concetto che ho scritto, ribadito, ripetuto molte volte in questi ultimi mesi. Quello che abbiamo di fronte è un campo ormai marcio e arido, fangoso e secco allo stesso tempo. Non si può coltivare il futuro su un terreno che non è più fertile. Il campo della Politica va ricomposto nel suo tessuto, nel suo humus, nel suo essere il luogo della discussione, della conoscenza, della circolazione di idee.
A cominciare dalla spinta morale che questo cambiamento di campo può dare al Paese. Infatti, l'attuale terreno anti-politico, verticistico e cinico è intorbidito dalla partitocrazia dominante, dall'affarismo, dal Potere per il Potere. Chiunque provi a muoversi in questo campo resta impantanato. Come se vi fossero le sabbie mobili. La via d'uscita a questa crisi e allo status quo risiede nella possibilità di concepire "il nuovo possibile", cioè di formare un altro campo per la costruzione di una democrazia liberale, ma che sia tale nel metodo, nel merito e nella struttura istituzionale. La Riforma parte da qui. Magari riparte proprio dal pensiero, dal linguaggio della politica, dalla parola, dalle idee. Servirebbe, però, la capacità di coagulare al centro del dibattito una forza riformatrice e liberaldemocratica, quindi liberale in tutte le sue declinazioni. Il campo attuale, invece, è una marmellata che è stata prodotta dall'anti-politica, intesa in tutte le sue varianti: fanatiche, demagogiche, verticistiche, ideologiche, tecniciste, dogmatiche. Viviamo ormai in un sistema senza Libertà, contro lo Stato di Diritto, omologante, bugiardo, senza alcun sapere, senza alcun dialogo e senza virtù. Una forza liberale alternativa a questo "monopartitismo imperfetto" può nascere soltanto se si riesce ad avviare concretamente un progetto perla "Società della Conoscenza". Ma la conoscenza può vivere soltanto se esiste la possibilità di accedere alle idee e di farle circolare, diffondere, discutere. La sensazione che si ha, invece, è quella di un mondo in cui ci sono tutti i mezzi, tutti gli strumenti, tutte le tecnologie, ma non ci sono le possibilità per accedere alla conoscenza, non ci sono opportunità di conoscenza.
"Conoscere per deliberare", scriveva Luigi Einaudi. Del resto, come si fa a decidere o a scegliere se ciò che c'è da sapere viene sistematicamente distorto dall'informazione di massa? Se la menzogna regna sovrana? Addirittura le idee che spingono verso la ricerca delle verità sono fagocitate dalle continue omissioni, dalle troppe omertà, dai bavagli. È un disastro. È come se ciascuno di noi avesse tutte le chiavi in mano, ma non ci fossero le porte. Dove si accede? Come si accede? A tal proposito, perciò, si impone una considerazione sugli ultimi avvenimenti che riguardano gli assetti politici: lo scorso 4 novembre, cioè abbastanza prima che la situazione politica prendesse l'attuale fisionomia, avevo colto una frase del prof. Mario Monti: "Il problema non è tecnico, ma di passare ad un'altra politica". Credo che questa frase indichi molto bene la traiettoria da seguire: "Un'altra politica". Non quella della partitocrazia.
Insomma, "una politica altra" non va confusa con "l'attuale partitocrazia". Non è che un Governo possa essere definito "politico" se ci sono dentro esponenti della partitocrazia dominante o dell'oligarchia partitocratica al Potere. Non è questa "un'altra politica". Né può essere "altra" una scelta tecnocratica perché il problema, come ha giustamente affermato il prof. Monti il 4 novembre scorso, non è "tecnico", quindi è politico.
Un Governo è politico, però, se fa scelte politiche, anche riguardo la scelta dei nomi, dei ministri che formano un Governo. La via di uscita a questa situazione è quella di "passare ad un'altra politica". È quello che dovrebbe fare chi ha cuore la prospettiva liberal-democratica del nostro Paese e dell'Europa tutta. Un eventuale futuro Governo, perciò, sarà tale se saprà essere politico senza essere partitocratico. Dipende da quello che farà. Perché il problema non è tecnico, ma è più profondo. Più grave. Molto più serio.
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