9/11 Se Obama è come Bush

Le commemorazioni sono sempre rischiose e un decennale inevitabilmente si proietta più nella cronaca che nella storia. L'11 settembre 2001 non fa eccezione. C'è sempre il rischio della retorica, che viene in genere sopportato come un prezzo inevitabile. Poi c'è l'antiretorica, meno sopportata, che porta in edicola con L'Espresso le teorie complottiste di Giulietto Chiesa o quelle che ripropongono il terrorismo come arma dei poveri contrapposta ai bombardamenti, concetto di Frantz Fanon ripreso da Franco Piperno su un quotidiano calabrese. Ma tutto ciò, proprio perché inevitabile, finisce per essere inutile.
Forse l'aspetto significativo della commemorazione sta a New York nella presenza abbinata di Obama e Bush jr. Un segno non tanto di doverosa unità nazionale ma, soprattutto, di assai meno doverosa continuità politica. Obama è criticato spesso a torto, ma c'è un aspetto della sua presidenza decisamente indifendibile: l'incredibile fair-play applicato al lascito della amministrazione Bush in tema di rispetto dei diritti e della legge nella sua gestione del dopo 9/11. L'impunità lasciata a chi ha mentito al Congresso Usa e all'Onu, la mano libera ai tribunali militari, l'oblio sulle tresche più inconfessabili con i dittatori arabi pur di avere la testa di Saddam. Tutto questo ha contraddetto le promesse elettorali di Obama. L'impressione che, in medio oriente, "il re nero" faccia le stesse cose del "re bianco " non è infondata e certe cose in politica si pagano.
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